Musica
Le Luci di San Siro si vedono in Irpinia
Roberto Vecchioni in concerto, le sue canzoni e i suoi racconti
Pubblicato il 15.08.2023 08:00
di Angelo Lungo
L'Irpinia si trova sull'Appennino campano. È un tipico territorio meridionale, poco raccontato, è nascosto. La modernità è arrivata, ha sconvolto il paesaggio, ha manomesso le comunità, ed è scappata. Ora è un luogo alla ricerca di una sua identità. Aleggia un senso di mistero, l'umano è in silenzio, le parole sono quelle della natura che si è risvegliata in maniera selvaggia. Il verde è il colore che domina, infonde sollievo e mestizia. Il frastuono della contemporaneità è lontano, ci si può fermare, si possono chiudere gli occhi e risentire ancestrali equilibri. Rumore e velocità sono retaggi, pastoie depotenziate, costruzioni senza fondamenta. Si attraversa il Formicoso, è un altopiano, disseminato di pale eoliche, e si arriva a Bisaccia. Il paese era abitato fin dall'età del bronzo. Fu conquistato nel 591 dai Longobardi. C'è uno splendido castello, utilizzato come prigione da Federico II, venne in visita nel 1250. È la terra natia di Franco Arminio, poeta, scrittore e regista. Si definisce “paesologo”, parla dei piccoli paesi d'Italia. È estate, una stagione solo apparentemente effimera, le piazze si affollano, le persone vogliono ascoltare musica. Sul palco un cantautore-professore: Roberto Vecchioni. Gli 80 anni li ha oltrepassati, lui lo sottolinea: se ne compiace e si sente libero e leggero. Il suo è un concerto e una narrazione: che garbo, che stile, che raffinatezza, che sottile provocazione. Ora canta, ora discorre, la sua erudizione è complementare alla sue composizioni. Lo dichiara senza sdilinquimenti: è innamorato della sua donna, è la sua complice, la sua compagna, ci litiga ma non saprebbe stare senza di lei. Le dedica “Ogni canzone d'amore” del 2018 e ricorda quando la incontrò la prima volta con “La mia ragazza” del 1985. Invita a emozionarsi: attraverso gli artisti, visionari che sanno esplorare e rimandare sprazzi di significato, ecco “Vincent” per omaggiare un pittore immenso. “El bandolero stanco” è intonata per rammentare il “maestro” dei bei tempi, quello che trasmetteva: insegnava e rappresentava una testimonianza. Si chiude con “Luci a San Siro” e con “Samarcanda”. Perché si deve ritornare: a rileggere un libro; a rivedere un film; a rivisitare un luogo;  a incontrare di nuovo una persona importante. Il tour di Vecchioni si chiama “Infinito”, il riferimento è a Giacomo Leopardi, quello del periodo napoletano, lo straordinario autore della lirica “La ginestra”, l'arbusto che non si piega, resiste: perché la vita è sempre bella, va sempre vissuta e non va sprecata.
(la piazza di Bisaccia nella foto scattata dal videomaker Michele Frascione)