Il
calcio capovolto. Non si vive di certezze. La tradizione vale, ma
solo fino a un certo punto. Bisogna evolversi e adeguarsi ai tempi.
Altro che Gerd Müller, Karl-Heinz Rummenigge, Horst Hrubesch, Jurgen
Klinsmann, Oliver Bierhoff, alla Germania il centravanti pare non
interessare più. Nessuna palla da lanciare verso la punta. Lo schema
tattico è preciso: palleggio; possesso palla; triangolazioni veloci
sulla trequarti; squadra corta. Il fulcro del gioco è la mediana, il
reparto è infoltito e i giocatori, a turno, si lanciano nello
spazio. Sembra di assistere alla rinascita del Tiki-taka. Medesimo
spartito suonato dall'Italia. Due centrali difensivi tecnici e
portati alla costruzione. Manovra continua e pallone che gira,
occupazione dell'area dell'avversario. Pertinente l'eventuale
obiezione che affrontava l'Albania, un rivale modesto. Ma si commenta
quello che si vede. Spalletti sembra essersi votato a tentare di
mantenere il controllo del pallone. A capovolgere il paradigma ci ha
pensato la Spagna. La “roja”
ha cambiato pelle. Le statistiche lo confermano, le furie rosse hanno
vinto la partita in un altro modo: per la prima volta dal 2008, non
hanno avuto il predominio della sfera, lo hanno lasciato alla
Croazia. Aggressivi in difesa, sono andati di ripartenza, hanno
puntato sulla rapidità e sulla capacità di sfruttare le occasioni
che capitavano. In Qatar contro il Marocco raggiunsero il 77% di
possesso della palla, effettuarono oltre mille passaggi e furono
eliminati. E De La Fuente forse ha pensato a questo aspetto, lo ha
spiegato pacatamente: “Ci
sono momenti in cui si può arrivare in porta scegliendo altre
strade”. Gli spagnoli
hanno giocatori tecnici, veloci che hanno bisogno di campo aperto.
E poi hanno visto come Ancelotti ha conquistato la Champions, quasi
alla vecchia maniera italiana. Il modulo lo fanno i giocatori e non
dovrebbe essere un'ossessione.
(Foto Keystone)