No, non è una
sorpresa. Non è il classico fulmine a ciel sereno.
Era soltanto una
questione di tempo, ma era scontato che prima o poi Abel Braga sarebbe stato licenziato
dalla nuova proprietà.
Il feeling non è
mai scattato, anche perché le premesse non erano certe le migliori. E come ha
spiegato oggi il CEO Martin Blaser “avevamo filosofie diverse, non potevamo lavorare
assieme a lungo termine”.
Frasi già sentite in passato che, verosimili o no che siano, hanno sempre significato solo una cosa: la fine di un rapporto.
Frasi già sentite in passato che, verosimili o no che siano, hanno sempre significato solo una cosa: la fine di un rapporto.
Da una parte una
proprietà americana che si affida a manager svizzeri e tedeschi, che preferisce
lavorare con allenatori giovani che sposino ciecamente la filosofia del club. Una
figura aziendalista che sappia valorizzare i giovani e interagire con Chicago.
Anche a livello linguistico.
Dall’altra un
profilo come quello di Braga, tecnico dal curriculum impressionante ma abbarbicato
su un metodo di lavoro probabilmente molto lontano da quello voluto dalla
proprietà e dalla difficoltà nel comunicare con la parte teutonica e manageriale
del nuovo Lugano.
Se a tutto questo
ci mettiamo l’intervento un po’ maldestro e non richiesto nel giorno della presentazione
di Mansueto e soci, quando Braga disse “questa è la terza proprietà che conosco
in soli due mesi che sono a Lugano” e alcuni cambi non azzeccatissimi durante
le partite, ecco che il gioco è fatto.
A facilitare l’uscita
del tecnico anche la sconfitta di Sion, maturata con un gol al 94’ e di cui
Braga questa mattina diceva, prima di lasciare lo stadio, “che sarebbe bastato
buttare via quel pallone”.
Un pareggio
avrebbe cambiato le cose? Probabilmente no.
Anche perché i
segnali negli scorsi giorni erano piuttosto evidenti.
Dapprima il
taglio di Hugo Moura, unico brasiliano voluto esplicitamente da Braga e poi la
separazione da Covilo, tre giorni prima della partita contro i vallesani,
giocatore ritenuto dal tecnico “indispensabile per le sue qualità fisiche”.
Decisioni che,
unitamente al taglio di Macek, avevano innescato un colpo piuttosto duro al morale
dello spogliatoio, sentitosi in quel momento smarrito e con un allenatore che
aveva ormai perso di credibilità.
Questa mattina i
giocatori sembravano dispiaciuti per l’esonero di Braga e sul loro volto e in
alcune parole spiaccicate qua e là, si poteva leggere un sincero
disorientamento.
Nemmeno la piazza
ha reagito benissimo al licenziamento del tecnico, che con la sua pacatezza e
la sua umanità, in poco tempo aveva conquistato i tifosi e fatto innamorare l’ex
presidente Renzetti.
Se è vero che
spiace molto per l’uomo Braga, è anche vero che chi mette i soldi e ha un
progetto a lungo termine, non può farsi frenare dai sentimentalismi. Chi decide
di investire nel mondo del calcio, ancorché miliardario, ha per forza di cose un
disegno in testa che nessuno gli farà mai cambiare.
E allora avanti
con il nuovo corso, con quella rivoluzione che ci si aspettava e che lentamente
si sta perfezionando e con la consapevolezza che questa nuova dirigenza non ha
certo paura di risultare impopolare.
Ora aspettiamo di
conoscere il nome del nuovo allenatore e di vedere all’opera i nuovi acquisti.
Poi la linea,
come amava dire l’ex presidente, la tireremo più in là.