In panchina, vicino a Murat Yakin, si vede tutta un’altra partita rispetto
alla tribuna.
Per anni Vincent Cavin aveva ammirato la nazionale dalla postazione più
alta dello stadio. Da quando è stato nominato vice-allenatore la prospettiva è
cambiata. E forse anche il modo di vivere i novanta minuti.
Cavin, come si sta in panchina?
“È un ruolo ovviamente diverso rispetto a prima, cambia un po’ tutto. In
panchina facciamo astrazione di tutto ciò che c’è nello stadio, non si vedono
gli spettatori, si resta concentrati sul nostro compito”.
E qual è il ruolo di un vice?
“Nel mio caso parlo tanto con Murat, ci scambiamo opinioni, pianifichiamo
le sostituzioni e tengo il contatto con i nostri “osservatori” Gerosa e Ehmes
che sono seduti in tribuna e ci danno degli imput importanti”.
Che partita ha visto dalla panchina?
“Dopo un inizio che sapevamo sarebbe stato difficile, ho visto un’ottima
reazione. Non era evidente contro una squadra forte come l’Italia: noi avevamo
un nuovo allenatore e una squadra che non aveva praticamente mai giocato
assieme”.
Nel secondo tempo è stata una buona Svizzera.
“Assolutamente sì. Siamo cresciuti dopo l’inizio timoroso e se alla fine
possiamo contare 8 corner contro 2 a nostro favore significa che anche noi
siamo arrivati sovente dalle loro parti”.
Sorpreso da quei giocatori che solitamente non scendono in campo?
“Onestamente no, anche perché se vengono convocati è perché riteniamo che
abbiano delle qualità importanti. Avevamo sempre saputo che avrebbero potuto darci una mano".
Con Petkovic venivano però convocati sempre gli stessi: ora invece abbiamo
scoperto di avere un serbatoio più capiente.
“È difficile cambiare quando le cose vanno bene e i risultati arrivano.
Anche Murat nella prima convocazione non ha portato grandissime novità, ma
credo che sia normale. Ora che mancava qualcuno c’era la grande opportunità per
chi finora aveva avuto meno spazio. E sono contento che abbiano fatto tutti
molto bene”.
Anche i giovani sono stati bravi, vero?
“Ragazzi come Vargas o Zeqiri e in prospettiva anche Ndoye, hanno
dimostrato che si può contare su di loro. Portano in campo freschezza e forza
fisica e anche un po’ di sana incoscienza della gioventù. Tutte qualità
importanti per una squadra come la nostra”.
Di Sommer cosa possiamo ancora dire?
“Sono felicissimo per lui, perché oltre a essere il capitano, è una persona
solare, uno che è sempre calmo, tranquillo e sorridente. L’esempio di giocatore
che unisce il talento alla professionalità”.
Domani sera a Belfast però dovremo vincere e perciò… segnare.
“Sarà un altro tipo di partita, lo sappiamo. Certo, ci mancano frecce
importanti come Shaqiri, Gavranovic o Embolo, ma sono certo che tutti faranno
il massimo per cercare di portare a casa i tre punti. Sappiamo che non sarà
facile”.
Tornando alla partita di ieri, che Italia ha visto?
“Gli azzurri li ho visti molto bene, hanno grande qualità, sono una squadra
veloce e tecnica. Direi completa”.
Eppure in attacco non sembra che abbiano dei fenomeni, no?
“Hanno però tanti giocatori offensivi che possono segnare e che lo fanno
regolarmente nel loro campionato. Poi è vero che il modo di giocare voluto da
Mancini è molto dispendioso anche per gli attaccanti, che devono correre tanto
e perdendo energia a volte non arrivano lucidissimi in porta”.
Italia sempre favorita e noi al secondo posto?
“La logica dice così, però non mi piace fare molti calcoli, preferiscono
pensare soltanto alla prossima partita. Poi se alla fine saremo stati bravi
chissà che non possa scapparci anche una sorpresa. Ma questi sono discorsi che
è inutile fare adesso”.
(Foto Maffi)