Purtroppo quanto si temeva (e scritto) si è avverato. Alla
corte delle avversarie dirette questa squadra ha perso il bandolo della
matassa. Sterile nel reparto offensivo e troppo permeabile dietro: il cocktail
avvelenato è servito.
La permeabilità difensiva, a dirla tutta, s’era già intuita
nelle prime tre gare dove qualche rischio di troppo lo si era corso. Ora si
assiste anche a una preoccupante involuzione offensiva. Un bel problema.
Lungi da me dopo sei partite iniziare a puntare il dito
verso questo o quel giocatore, ma appare evidente che nello scacchiere di Luca
Cereda qualche pedina non sia ancora nella condizioni ideali. Questione tecnico-tattica
o di forma del momento?
L’impressione è che questa squadra sia di facile lettura, che
si riesca ad ingabbiarla abbastanza facilmente prendendole le contromisure necessarie
senza dannarsi troppo l’anima. Non ho avuto la sensazione che Ajoie e
Rapperswil abbiano disputato la partita della vita per sconfiggerci. Eppure è
successo.
Adesso però non perdiamo la calma né la fiducia: certo, c’è
nervosismo e un po’ di scetticismo. Normale dopo un inizio del genere. Eravamo
partiti col vento in poppa e pensavamo di poter godere ancora un po’ del vento dell’entusiasmo
che ci sosteneva all’inizio. Invece ora ci ritroviamo immobili e confusi.
Se domenica si battesse il Davos o martedì il Bienne, a
nessuno salti in mente di uscirsene con un: “abbiamo dimostrato di poter
battere chiunque!”. Perché si potrebbe rispondere: “ok, ma allora lo si
faccia!”.
Mi rendo conto che è presto per tirare la famosa riga o fare
processi, ci mancherebbe altro. Ma un piccolo grido d’allarme è giusto
lanciarlo. Prima che sia troppo tardi.
(Foto Zocchetti)