Premettiamo una cosa: vittoria doveva essere e vittoria è
stata!
E che bello poter scrivere questo incipit rimandato per ben
due volte da inizio stagione. E per una volta sono anche d’accordo con la
tifoseria avversaria, che quasi a mo’ di sfottò dice (o scrive sui social): “Era
ora che vinceste un derby”!
Eh già, era ora. Perdere sarebbe risultato insopportabile.
Abbiamo vinto perché avevamo più fame, lo volevamo di più
questo derby. Eppure, per colpa della maledetta sterilità offensiva, abbiamo
rischiato di perderlo. E quando il Lugano ha segnato, vabbè, ho ricominciato a vivere
l’incubo degli ultimi derby. Sembrava veramente una maledizione. Avevamo
giocato meglio eppure eravamo sotto. Difficile da accettare.
È stata brava la squadra a tirar fuori quel furore
agonistico indispensabile in quei frangenti: non si è persa d’animo e ha
lottato e vinto, ribaltando una situazione psicologicamente difficile.
La serata era iniziata con una punta di pessimismo e non
soltanto per le ultime otto sconfitte consecutive.
Mentre salivo la Leventina arrivava l’ufficialità
dell’esordio del loro portiere straniero. Come non poter lanciare un
parallelismo con la prima mitica partita di Marco Baron in quel fantastico
derby di tanti anni fa? Ho iniziato a temere il peggio. E infatti, Irving ha
disputato una grande partita. Era destino, me l’aspettavo. Per fortuna che non
è bastato.
Era un’altra pista e forse un altro hockey, ma la goduria di
vincere un derby ce l’eravamo quasi dimenticata. È stato bello, lì in mezzo
alla curva, tornare a cantare per la nostra squadra.
A questo proposito, senza ovviamente voler fare sterili
polemiche, una piccola annotazione o se volete, un umile consiglio: “quando la
curva canta festante a fine partita non la si zittisca con della
fastidiosissima musica”. Grazie.
(Michael Fora esulta dopo il 2-1, nella foto Putzu)