Offside
McSorley-Mourinho all'assalto: era solo questione di tempo
Dopo un inizio sereno, i due "santoni" nelle ultime ore sono passati all'attacco
Pubblicato il 26.10.2021 08:17
di L.S.
McSorley a Lugano, Mourinho a Roma. Quasi coetanei (58 anni l’uno, 59 l’altro) e l’alone del mito che li accompagna.
Il loro arrivo quest’estate ha suscitato grande entusiasmo e soprattutto curiosità. Che impatto avranno due “santoni” così in due realtà difficili come Lugano e Roma? Era la domanda che tanti sportivi si facevano e si fanno tuttora.
In Ticino è arrivato un “mago” dell’hockey, che sebbene non abbia ancora vinto un titolo, rappresenta per l’immagine collettiva il prototipo del vincente. Di quel leader di cui un club come il Lugano, che ha voglia di ritrovare gli antichi splendori, avrebbe assoluta necessità.
A Roma, società poco abituata a vincere e più adusa alle polemiche, è invece approdato colui che deve far spiccare il volo al progetto di un club in mano agli americani. Certo, la fama del portoghese è un po’ impolverata, ma il suo magnetismo e la sua abilità comunicativa hanno suscitato da subito grandi aspettative.
Curiosamente, sia McSorley che Mourinho, nonostante i risultati altalenanti e i tanti dubbi sul progetto che stanno costruendo, hanno vissuto un inizio di stagione morbido.
Nessuna polemica o quasi da parte dei Media e dichiarazioni mielose nei confronti di giocatori e ambiente.
Senza stress, scevri di quella verve imprescindibile che ha contribuito a creare l’immagine di uomini vincenti.
Possibile che MCS e Mou sia diventati degli agnellini? Sarà l’età o forse la saggezza?
Niente di tutto questo: era soltanto questione di tempo.
Mourinho, dopo il 6-1 subito in Norvegia, ha subito fatto figli e figliastri: “Potessi far giocare sempre la stessa squadra, lo farei”. Insomma, le riserve sono inadatte e lo hanno dimostrato ampiamente.
Un messaggio alla squadra o alla società? Sicuramente qualcosa studiato a tavolino da uno stratega della comunicazione qual è il portoghese.
A Lugano McSorley aveva sempre dispensato sorrisi e battute, elogiando i giocatori e la società. A volte quasi esagerando.
Ieri, dopo che il Lugano è scivolato pericolosamente indietro in classifica, ha mostrato per la prima volta il suo vero volto: “C’è una parte della squadra che non fa quello che deve. Mancano l’attitudine giusta e la cultura del lavoro”.
Una bombetta che nello spogliatoio non sarà passato inosservata.
Perché un conto è se lo fa Ziegler, che seppur carismatico, resta pur sempre un giocatore e basta.
Diverso se a farlo è un allenatore, arrivato per vincere e con il compito, ancora più complicato, di impiantare una nuova mentalità.
Ecco, allora le cose cambiano, così come la forza del messaggio.
Vedremo nelle prossime settimane che effetto avranno sortito queste parole, decisamente pesanti ma non inattese. Con personaggi del genere, prima o poi doveva succedere.