Calcio e dintorni
Della solitudine degli uomini e di un portiere
Un componimento di uno dei più grandi poeti italiani
Pubblicato il 03.11.2021 15:55
di Angelo Lungo
Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è un poeta di frontiera. È considerato tra quelli più importanti del Novecento. Il suo tratto stilistico è un linguaggio semplice, alla ricerca dell'interiorità: dove emergono inquietudini e fragilità.
Incontrò il calcio, di cui era infastidito, in maniera fortuita e casuale. Un amico gli regalò un biglietto, correva l'anno 1933, per la partita Triestina-Ambrosiana (all'epoca così si chiamava l'Inter). L'incontro terminò 0 a 0 e Giuseppe Meazza sbagliò un calcio di rigore. Entrò nello stadio da scettico e ne uscì da tifoso seppure in maniera particolare. Non diventò un appassionato in senso stretto, quello attratto dai tatticismi o dagli schemi di gioco. Ma fu colpito dalle emozioni che questo sport riusciva a scatenare. La partita che diviene una icastica metafora di vita. Uno sprazzo di esistenza che si appalesa, in guisa fugace. E scrisse le cinque poesie italiane più note sul calcio: Squadra paesana; Tre momenti; Tredicesima partita; Fanciulli allo stadio.
La quinta si intitola Goal e recita:
“Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non vedere l'amara luce.
Il compagno in ginocchio che l'induce,
con parole e con mano a rivelarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla - unita ebbrezza - par trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l'odio consuma e l'amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
- l'altro - è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa - egli dice - anch'io son parte.”
È una poesia sulla solitudine. Parla di un portiere ma si rivolge a tutti gli uomini in generale.