Poi voi magari gli anni
Ottanta li schifate, oppure non ne sapete niente, ma già allora conquistare
Roma si poteva eccome. Anzi, forse solo allora, forse solo una volta, forse per
caso, forse per disattenzione o furbizia. Ma si può, ve lo dico io che mi
chiamo Rudolf Elsener, per gli amici Ruedi.
Voi
dite: eh, ma questa Italia di oggi è campione d’Europa. E io vi dico che quella
che ho battuto io era campione del mondo. Del mondo! Capito?
Era
una giornata autunnale anche quella, il 27 ottobre del 1982, anche quella volta
a Roma, con il pubblico italiano ebbro di gloria a festeggiare uno squadrone
che in luglio aveva vinto il Mondiale di Spagna, eliminando Argentina, Brasile
e battendo in finale la Germania. La città non aveva occhi che per Paolo Rossi
e Bruno Conti, Antognoni e Tardelli, Scirea e Cabrini. A noi riservavano pacche
sulle spalle, come si fa con i ragazzini alle prime armi. Del resto, non
avevano tutti i torti, noi al Mondiale ci eravamo andati l’ultima volta nel ’66
e agli Europei mai.
C’era
anche la banda a suonare e anche se allora non c’era ancora la moda di cantare
gli inni venivano i brividi. Il pubblico in estasi, i campioni del mondo fieri
e invincibili. E noi, che ci consideravano i cugini delle guardie del Papa e
nulla più. Ma occhio al dettaglio: pochi giorni prima del Mondiale, in
amichevole a Ginevra, li avevamo inchiodati sul pari.
Com’è
come non è, dopo un primo tempo guardingo, cominciamo il secondo con un altro
piglio e dopo una decina di minuti Decastel mi consegna un pallone sui venti
metri, mi giro, vedo Claudio Sulser, gliela passo e scatto in area. Il pallone
mi ritorna perfetto e con un pallonetto di sinistro (loro lo chiameranno
cucchiaio, più in là) mi faccio beffe di Bordon. Gol, con esultanza smodata che
a momenti mi faccio anche male.
Poi
loro si sentono offesi nell’orgoglio, ma noi non li facciamo passare più. Alla
fine sono incazzati anche con le guardie del Papa, intanto che noi ci rendiamo
conto che è la prima vittoria svizzera in Italia e allora ci scappa da ridere
Mi
pare che trentanove anni da allora siano davvero troppi. È ora di tornare a vincere.
Forza ragazzi, si può, lo avete visto.