Il successo sta nei dettagli, come il diavolo del resto.
Mentre l’Italia cerca il gol a Belfast con il molto trendy tridenteleggero, che
è come piantare un chiodo con una piuma, la Svizzera si dedica alla sua
attività storica: la precisione e il rispetto del suolo pubblico. Siamo fatti
così, dobbiamo ricordarcelo: raccattiamo le cicche altrui e le mettiamo
nell’apposito raccoglitore. Laggiù ci provano, ma al primo momento di
difficoltà buttano nelle scarpate.
Trenig versus doppiopetto, con i nostri Yakin e Cavin
sponsorizzati dalla Nabholz e i loro Mancini e Vialli sperlusenti di moda. È
chiaro che i nostri sono pronti a lavorare e i loro a sfilare. Ma tutto questo
è ancora niente, sulla strada della spiegazione razionale di successo e
insuccesso e alla fine sarà un dettaglio preciso a sancire la differenza.
L’Italia europea ci aveva subissato di gol nel girone, ma
anche di canzonette e tormentoni che alleggerivano il loro animo, intanto che
noi si stava nel plumbeo Azeibargian a pettinarci. L’Italia è così, è una
perenne Canzone per l’estate, stagione durante la quale dà il meglio in campo e
fuori. In autunno le deperiscono perfino i governi. La Svizzera invece,
indefessa com’è, aspetta settembre per liberarsi dall’ozio e tornare a
lavorare. Con precisione appunto.
Ed ecco il dunque, il discrimine tra successo e fallimento.
Mentre a Belfast succede ciò che ci ha confidato ieri George Best, a Lucerna
l’equilibrio si rompe e quando al secondo gol di Vargas, che virtualmente ci
porta in Qatar ma occorrono altre reti per stare tranquilli, tutti si
ammucchiano attorno alla bandierina del corner, con una festa smodata. Intanto
che tutti urliamo di non star lì a cazzeggiare e di tornare in postazione e
riprendere a giocare, i ragazzi se la prendono comoda, non sia mai che noi svizzeri
ci si faccia prendere dalla foga. Comunque, tutti ritornano ridendo e
scherzando verso la metà campo.
Tranne uno, che si attarda assieme a un inserviente dello
stadio. È il capitano Xherdan Shaqiri, i cui compiti vanno ben oltre le
fantasmagoriche pedate. I due devono mettere a posto la bandierina che nel
giubilo si è staccata dall’asta. Non se la sentono di rinunciare al loro dovere
civico, perché va bene vincere, okay, ma senza rovinare il bene comune. Giusto
aspettare, prima il dovere, le cose al loro posto.
Dunque, a luci ormai spente, il geniale Shaq che infila la
stoffa sul palo è l’emblema della qualificazione pregna di svizzeritudine.
Ecco.
Gorgio genetelli