È una delle “penne” più corrosive e libere del giornalismo sportivo italiano. Ha lavorato per Mediaset, dove è stato il coautore della trasmissione sportiva “Controcampo”, famose le sue pagelle. Paolo Ziliani attualmente collabora con il giornale “il Fatto Quotidiano”. Esprime le sue opinioni puntuali e provocatorie su un seguitissimo account twitter. Certamente fa discutere, le sue provocazioni colgono spesso nel segno, connotandolo come un giornalista autonomo e indipendente.
Come definirebbe la situazione del calcio italiano?
Il
calcio italiano è un malato terminale. Con un cancro che lo stava
divorando da dentro, quello degli indicibili patti fra Federazione,
classe arbitrale e Juventus, un tumore che poteva essere estirpato ai
tempi dell’esplosione di Calciopoli e che invece non lo fu. Ora le
metastasi sono ovunque. La gente si è disamorata, anni di campionati
finti hanno fatto terra bruciata ovunque.
Qual è
la sua opinione sul funzionamento dell’AIA?
Dovrebbe
essere spazzata via e rifondata. Nella storia della serie A ci sono
stati due campionati in cui ci si è avvalsi del sorteggio degli
arbitri: nel 98-99, sorteggio integrale, in cui vinse il Milan
davanti alla Lazio e in cui la Juventus arrivò sesta; e prima,
nell’84-85, sorteggio parziale, scudetto al Verona davanti al
Torino e Juventus settima. Nicchi, un ex arbitro che in campo fece
danni come nessuno, la guida da una vita. Ora è in lotta con
Trentalange per la rielezione: non so chi sarebbe peggio.
Cosa ne pensa dell’uso
della VAR?
Poteva
essere la salvezza del calcio italiano. Ma Nicchi non lo voleva (e lo
disse), gli arbitri, che avrebbero dovuto benedire l’aiuto che
veniva loro dato, si sono sentiti spossessati della loro autorità e
così, per stupidità e inettitudine, siamo riusciti a contaminare
anche questo strumento. E vediamo di tutto. Chiamate al VAR fatte
oppure no a seconda della convenienza, arbitri che non cambiano
parere nemmeno davanti all’evidenza come Abisso nel famoso
Fiorentina-Inter, Orsato che nella partita-scudetto Inter-Juventus va
al VAR per espellere Vecino e poi lascia in campo Pjanic dopo
un’entrata assassina su Rafinha, col VAR muto.
Dopo Calciopoli esiste ancora la sudditanza psicologica?
Esisteva
anche prima di Calciopoli, esisterà sempre, purtroppo. Ma
soprattutto in Italia, altrove il problema della sudditanza è quasi
inavvertibile.
Qual è
il livello del giornalismo sportivo italiano parlato e scritto?
Faccio
questo lavoro da 45 anni, iniziai poco più che ventenne al Guerin
Sportivo a Bologna; non voglio certo mettermi a pontificare, ma in
tutta sincerità anche al nostro interno vedo molta sudditanza, che a
volte sconfina nell’omertà. Dalle intercettazioni di Calciopoli il
mondo del giornalismo sportivo, televisivo e non, era già uscito con
le ossa rotte. Oggi la situazione a mio avviso è peggiorata.
Cosa modificherebbe dell’attuale
sistema calcio italiano?
Ritorno
alla serie A a 16 squadre. Maggiore equilibrio nella distribuzione
dei proventi televisivi su cui si regge tutto il baraccone. Piazza
pulita all’AIA e alla CAN, via Nicchi e via Rizzoli. Gli arbitri
devono essere un’entità indipendente: oggi lo sponsor arbitrale ha
legami stretti con Exor e la Juventus e nessuno dice niente.
Creazione di una Procura Federale che non sia un centro di
insabbiamento-scandali com’è stato, negli utili vent’anni, con
Palazzi prima, Pecoraro (che ci ha provato senza successo: è quello
che chiese l’audio del colloquio Orsato-VAR in Inter-Juve e gli
risposero picche) dopo e Chiné ora.
Valore tecnico del
Campionato?
Siamo
lontanissimi dalla Premier League, lontano dalla Liga, la Bundesliga
ci sta superando e fra poco ci sorpasserà anche la Ligue 1.
La squadra che gioca il miglior calcio?
Sono
due, l’Atalanta e il Milan. L’Atalanta lo fa da ormai tre anni
con grande merito di Gasperini, l’allenatore, di gran lunga più
bravo di tutti. È stato però stupefacente, oltre che inatteso, il
salto di qualità avuto dal Milan sotto la guida di Pioli, chiamato a
sostituire il deludente Giampaolo. Il Milan è la squadra più
giovane d’Italia e fra le più giovani di tutta Europa. Ha un gioco
modernissimo, verticale, con grande varietà di schemi e soluzioni
offensive. Se Milan o Atalanta vincessero lo scudetto - e senza aiuti
arbitrali ai “soliti noti” potrebbe succedere -, per il movimento
sarebbe un segnale importantissimo. Una menzione anche per il
Sassuolo di De Zerbi, che il podio lo merita.
Il giocatore che le piace di più?
I
quattro migliori giocatori del campionato fino ad oggi sono per me
Kessie del Milan, Lukaku dell’Inter, Zaccagni del Verona e
Mkhitaryan della Roma. Ma è stata eccezionale anche l’esplosione
di Calhanoglu, uomo-squadra del Milan, dopo le prime stagioni assai
deludenti in rossonero.
Che ricordo ha delle pagelle nella famosa trasmissione televisiva
“Controcampo”?
Le
ricordo con piacere. L’intento era quello di dare giudizi a caldo
ma col sorriso sulle labbra, divertendomi e (spero) divertendo. Ho
sempre pensato che il calcio sia la cosa più importante tra le cose
meno importanti: ha senso quindi occuparsene, ma un po’ di ironia e
di irriverenza non guastano. Mai.
Come utilizza il suo profilo twitter?
La
frase che ho scelto per battezzare il mio account è: “Ha senso
solo se si ride un po’ “. Detto che a volte è doveroso essere
seri, specie quando parliamo di corruzioni e malefatte dei potenti,
in Twitter sono entrato con l’intento di divertirmi. E devo dire
che molti follower meriterebbero di essere giornalisti e molti
giornalisti sarebbe meglio se fossero solo follower.
Ritiene importante per un allenatore fare la gavetta?
In
linea di massima sì, ma non si può generalizzare. Guardiola ha
fatto pochissima gavetta ed è stato a lungo il più bravo di tutti,
lo stesso dicasi di Mancini, che è passato in un amen dal campo alla
panchina. Un po’ di gavetta comunque è utile: la Juventus Pirlo ha
appena battuto il Sassuolo e il Genoa, ma la verità è che De Zerbi
e Ballardini, nella partita tra allenatori, hanno umiliato il
Maestro, come lo ha ribattezzato l’Istituto Luce 2.0.
Domenica c’è Inter-Juve una partita che fa parlare più fuori che
sul campo.
È
una sfida sulla quale pesano come macigni precedenti ancora vivi,
nella memoria degli sportivi, per malefatte arbitrali che hanno
lasciato il segno. Da Ceccarini a Pellegrino, da Rizzoli a Orsato, 9
volte su 10 si è trattato di direzioni a senso unico a favore della
Juventus: e a volte è stata oltrepassata la soglia della decenza. È
per questo motivo, purtroppo, che Inter-Juventus non potrà mai
essere una partita “normale”. Le vigilie saranno sempre al calor
bianco.
Tifa per qualche squadra?
Sono
nato a Piacenza, andavo a vedere il Piacenza allo stadio Galleana
prima e Garilli poi quand’ero giovane e il mio tifo è sempre per i
biancorossi: ricordo soprattutto il Piacenza che GB Fabbri portò in
serie B prima di andare a Vicenza a scoprire Paolo Rossi e a portare
la squadra al secondo posto dietro la Juve. Oggi il Piacenza gioca in
serie C e si barcamena dopo un fallimento dovuto al coinvolgimento
nel calcio scommesse, quello in cui restò coinvolto anche Antonio
Conte, per capirci.
Ha da poco pubblicato un libro sul calcio, e se non avesse fatto il
giornalista?
Mi
sarebbe piaciuto scrivere romanzi. O magari sceneggiature. Oggi
potrei dire: serie televisive. Da piccolo andavo matto per la serie
di telefilm americana “Ai confini della realtà”. Ecco, diciamo
che ci avrei provato.