Calcio
Una passione che interpreta la vita
Un libro particolare e curioso sullo sport più popolare al mondo
Pubblicato il 12.12.2021 10:59
di Angelo Lungo
Il giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi si è posto una domanda fondamentale: Perché amiamo il calcio? E afferma che ogni appassionato ha la sua risposta. Lui sostiene che il fascino dipende dalla sua libertà paragonabile a quella della grande poesia. Ci sono delle regole, vanno seguite, il campione è quello che le trasgredisce. Tutto questo, e altro ancora, lo spiega in un libro, particolare, dal titolo: “Il Capocannoniere è sempre il miglior poeta dell'anno”. Riprendendo una famosa affermazione di Pier Paolo Pasolini. L'intellettuale italiano, uno dei maggiori, era capace di interrompere un film per amor del pallone. Gnocchi riporta che mentre girava Salò, nella vicinanze Bertolucci era alle prese con Novecento. Si fermarono entrambi. E a Parma si giocò un famoso incontro tra le due troupe. Pasolini sosteneva che il calcio fosse un autentico fenomeno culturale: “L'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”.
Gnocchi propone un viaggio tra la poesia, la narrativa, il cinema, la televisione e le canzoni.
Si viene a sapere che Jacques Derrida era un centravanti di livello. Il filosofo Wittgenstein fu folgorato dal football ed elaborò il concetto di: “gioco linguistico”. Se il gioco non funziona, se non parliamo bene, si cade nel caos e nel disordine. Albert Camus era un buon portiere e asseriva che il campo era stato un grande maestro di vita, aveva imparato: il dovere; la morale; l'accettazione della sconfitta; la gestione della vittoria. Secondo Sartre: “Il calcio è la metafora della vita”.
Secondo Gnocchi il calcio produce linguaggio ma scrivere di calcio è complicato. Il rischio è di incorrere nello stereotipo. Ecco un breve elenco:
“Il portierone; la saracinesca; mettere il pullman davanti alla porta; il pendolino della fascia; il puntello della difesa; il motorino di centrocampo; fare la sponda; la sventagliata; la palla scodellata; gli fa perdere un tempo di gioco; li manda negli spogliatoi a bere un tè caldo”.
Conclude asserendo che la filosofia rimanda alle domande fondamentali sulla vita e molte volte non riesce a formulare nessuna risposta. Certo la sensazione è che quando la nostra squadra segna poco importa, un apparente senso si riesce a capire.