Genio letterario versatile, fu anche un poeta romantico
Edgar Allan Poe, quando la paura non è immaginaria ma reale
Romanziere, critico letterario e saggista, autore di racconti memorabili
Pubblicato il 20.01.2021 14:37
di Angelo Lungo
Vi svegliate all’improvviso. Madidi di sudore. Altro che sonno ristoratore. Il respiro è affannoso. Vi manca l’aria. Gli occhi sono aperti. Ma è buio totale. Ansia. Angoscia. Dove siete? Caldo soffocante. Nodo alla gola. Tutto è stretto. Peggio di essere intrappolati. Quasi non riuscite a muovere le mani. I piedi men che meno. Manca l’aria. Urlate. Gridate. Piangete. Siete disperati. Uno sprazzo di razionalità: siete stati sepolti vivi.
La tafofobia è la paura di essere sepolti vivi, il termine fu introdotto per la prima volta dal medico italiano Enrico Morselli nel 1891. 
Di questa fobia ne era affetto Edgar Allan Poe, uno dei migliori scrittori della letteratura mondiale.
“Mi hanno chiamato pazzo; ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia sia o non sia la più elevata forma d’intelligenza, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non derivi da una malattia del pensiero, da umori esaltati della mente a spese dell’intelletto generale”.
Poe nacque a Boston il 19 gennaio 1809, rimasto orfano, visse un’infanzia difficile. Fu affidato alla famiglia di un mercante scozzese, che si trasferì in Gran Bretagna. Era dotato di una memoria prodigiosa, le sue passioni erano la musica e la poesia. Ritornò negli Stati Uniti nel 1820. Frequentò l’Università, ma non la portò a termine. Il suo primo libro pubblicato fu una raccolta di poesie. Tentò la carriera militare per mantenersi, ma senza successo. Decise di dedicarsi alla scrittura, e di vivere di questi soli proventi. Ma la sua era una vita di stenti e privazioni. Si sposò, la scomparsa prematura della moglie lo gettò in uno stato di profonda costernazione. La morte lo colse il 3 ottobre del 1849 a Baltimora, le cause rimasero un mistero.
Autore di romanzi, racconti, poesie e saggi, era capace di sondare i meandri dell’animo umano. Diede rinnovato vigore al romanzo gotico, dove l’orrore e il terrore si intrecciano con un tragico romanticismo. Fu il precursore del genere poliziesco e del giallo psicologico. I suoi protagonisti si trovano sempre in situazioni inverosimili, sono inquieti, sul crinale che non può non condurre alla follia. Ecco la sua maestria: fare emergere le paure, quelle che non si possono confessare, ma che all’improvviso si appalesano. I suoi racconti appartengono al genere fantastico, ma hanno uno scopo preciso: manifestare la fragilità dell’uomo di fronte a una realtà affatto decifrabile. Una visione pessimistica circa la ragione umana, impotente e fallace, poiché i misteri e l’enigma dell’esistenza non si possono spiegare.
 “Non vi ho già detto che la pazzia di cui mi ritenete affetto è soltanto un’estrema acutezza dei sensi?”.