Discipline varie
La morte dello sport
È avvenuta durante le recenti vacanze di Natale
Pubblicato il 11.01.2022 09:55
di Giorgio Genetelli
Le vacanze di Natale sono la morte dello sport, tra dolorosi vuoti agonistici e abbuffate che evolvono in adipe. Ovviamente, come il prezzemolo che va con tutto, ci si mette anche il virus, quel coso invisibile che ci ricaccia in casa neanche fosse un esercito napoleonico in fregola. L’Epifania è arrivata e tutte le amarezze porta via? Non esattamente, anzi, nella calzetta appesa al camino (fiacco pure lui, con ‘sti climi pre-tropici) ci ha infilato un Ambrì senza Spengler e in quarantena che poi si ripresenta dalla prigione del Monopoli in stile abate Faria, con le unghie consumate a furia di grattare il fondo del barile.
Col calcio nostrano ancora ai box per la pausa, che in questo caso pare una benedizione, gli altri tornei sono andati avanti in una specie di schizofrenia: stadi zeppi, stadi vuoti, stadi a metà come i malinconici bicchieri di un bagordo svanito per sfinimento, squadre zeppe di ragazzini sbranati dall’urgenza, partite rinviate che per recuperarle ci vuole un’altra vita (Battiato ha sempre ragione), allenatori che passano più tempo in tribuna che in campo tra squalifiche e pestilenze.
Un altro bel dono di quella megera è il Djokovic che spara balle a destra e a manca per poter entrare bello impunito in Australia, nazione che sbarra le porte a chiunque dimenticandosi di essere stata colonizzata da tutti gli avanzi di galera dell’Impero Britannico.
Ci siamo buttati sullo sci, con la pista di Zagabria, vuota di pubblico e con le foglie secche a volare in faccia agli atleti, in pericoloso equilibrio su una lingua di neve talmente marcia che sembrava caduta nel secolo scorso e mantenuta in vita con un misterioso processo di imbalsamazione. Una folgorante dicotomia con Adelboden, dove la neve era così prosperosa da far pensare alla sepoltura di ogni prudenza e allora tutti lì, in ventimila a pazziare sfidando il freddo senza mascherine fighette.
Poi rinascerà tutto come una mandria di cervi a primavera, okay, ma intanto è in ginocchio perfino la nostra ombra. Buon anno, comunque.