La Coppa del Mondo
di sci alpino ha compiuto il suo giro di boa e dunque a metà stagione è tempo
di fare i conti in tasca ai protagonisti.
Anche senza la
spinta di sindacati, nello sci la parità di salario è già arrivata da molto
tempo. Gara per gara ci sono dei premi in danaro da prendere da parte degli
organizzatori che per uomini e donne partono da un minimo di 45 mila franchi
per una vittoria. L’eccezione la fa Kitzbühel (Austria) che per la mitica
discesa dell’Hahnenkamm (“cresta del gallo”) sabato prossimo consegnerà 100
mila Euro al galletto che attaccherà il tempo migliore.
Questa stagione lo
Zio Paperone abita a Buochs nel canton Nidwaldo e si chiama Marco Odermatt.
Dall’alto delle sue sei vittorie stagionali, non solo guarda giù dai suoi 1075
punti in classifica generale – quasi il doppio del suo antagonista Aamodt Kilde
a quota 685 – ma ha già potuto arricchirsi di 378'550 franchi; pensate che coi
suoi risultati di Adelboden e Wengen ne ha raccolti 117 mila solo in otto
giorni. Logico che in questa graduatoria sia seguito dal norvegese (261'500) e
dall’austriaco Matthias Mayer (134'700). Beat Feuz è a quota 73'050.
Se vogliamo fare
un confronto con la stagione precedente, ebbene Odermatt ha praticamente
eguagliato già oggi il bottino del francese Alexis Pinturault (379'064 nel
20/21), migliorando sé stesso di un buon terzo. E da qui al termine della
stagione le prospettive di passare il mezzo milione sono più che reali.
Detto
dell’eguaglianza del trattamento salariale tra i sessi, andiamo a vedere come
stanno le donne. La slovacca Petra Vlhova, allenata dall’airolese Mauro Pini,
forte di cinque successi capeggia a quota 311'382 franchi davanti all’americana
Shiffrin (293'145) ma quest’ultima la precede in classifica generale (966 punti
contro 929). Un po’ “distaccata” troviamo Lara Gut-Behrami a quota CHF 139'934
ma attenzione, qui va detto molto esplicitamente che lo scorso dicembre la ticinese
ha dovuto rinunciare a diverse gare a causa del Covid e dunque - considerando
che avrebbe fatto risultati – non ha potuto mettere in saccoccia qualche altro assegno.
Se andiamo a comparare con la stagione precedente, quando la Vlhova l’ha
preceduta di poco in classifica generale, vediamo che Gut-Behrami s’è era trovata
in testa alla graduatoria monetaria con 485'900 franchi.
C’è tutta una
storia dietro a questi premi gara che fino agli ’80 non esistevano neanche. Ci
fu un movimento spinto dagli atleti e capitanato dal discesista austriaco Peter
Wirnsberger a creare… movimento. In un primo momento, in occasione dei sorteggi
pubblici e televisivi dei pettorali alla vigilia, i corridori mostravano il
loro numero di partenza alle telecamere coprendo lo sponsor; in un secondo,
alla premiazione, salivano sul podio con le giacche. Morale della favola: su
pressione della federsci internazionale (FIS) gli organizzatori cominciarono a
includere i premi gara nei loro budget sulla base di condizioni minime da rispettare.
Se le cifre sono
belle, bisogna però saperle interpretare. Trattandosi di lavoro, i premi
vengono pagati dopo la deduzione dell’imposta alla fonte del paese nel quale si
svolge la gara ma che l’atleta potrà recuperare attraverso la dichiarazione d’imposta:
operazione spesso molto lunga nel tempo e talvolta un tantino snervante. E
magari, a seconda della situazione personale, perlomeno da noi è capace di
alzare la mano anche l’AVS.
Per loro fortuna,
sciatorie e sciatrici non vivono di soli premi gara. In linea di massima sono
pagati dalle loro federazioni con fissi e premi, indi i diversi contratti coi
fornitori, lo sponsor personale sul capo e qualche contrattino collaterale ad
esempio con una marca di orologi, un caffè freddo, biancheria intima fino alla
piattaforma dei biglietti per i concerti. E tutto il lavoro è per così dire
spesato. Costi per gli allenamenti a carico della federazione, spese di Coppa
del Mondo da parte degli organizzatori, macchina a disposizione tutto l’anno
mentre da una gara all’altra solitamente prendono posto nell’auto del proprio
skiman.
Per correttezza però va anche detto che proprio in un
discorso Lara Gut-Behrami la stessa atleta deve coprire diversi costi per il
fatto che dispone di un cosiddetto team privato con persone che non fanno parte
direttamente della federazione e dunque sono a suo carico. Se anche il datore
di lavoro del marito Valon Behram Genoa Calcio (Genoa Cricket and Football Club
S.p.A) paghi per il patacchino sul berrettino di papà Pauli Gut non è dato a
sapere.