C'era una volta la Serie A "miglior campionato del
mondo". E c'erano una volta tanti soldi che giravano nel calcio tricolore.
Non che non ce ne siano oggi, tutto sommato, seppur non ai livelli inglesi: ma
c'è stato un periodo dove, nello Stivale, potevi veder giocare fenomeni anche
lontano dalle grandi città, fuori dalla cattedrali della pedata tricolore. Zico
a Udine (ce lo ricordiamo in amichevole a Cornaredo, tra l'altro: 5 gol segnò
il Galinho, quella sera dell'ottobre 1983), Paolo Futre alla Reggiana,
Stojković a Verona (questa è per pochi, se la confronti con il primo: ma
era tanta roba, nonostante i problemi fisici, ve lo assicuriamo per averlo
visto dal vivo), e si potrebbe andare avanti. Poi, le cose sono cambiate, e i
fenomeni sono andati altrove. L'ultimo grande sussulto lo ha dato la Juventus
con Cristiano Ronaldo: ma l'avventura di CR7 nella vicina Penisola, come
sappiamo, si è chiusa in anticipo, e neppure troppo bene.
Quella che è rimasta è la spocchia di tanti appassionati d'oltre
confine nei confronti del calcio svizzero che, pure, a livello di club, pur
senza volersi paragonare alla grandezza delle squadre italiane in ambito
europeo e mondiale, qualche piccola soddisfazione, in passato, se l'è tolta.
Pensiamo, in tempi più o meno recenti, a livello di club, alla celebre
eliminazione dell'Inter dalla Coppa UEFA per mano del Lugano, per passare alle
più indolori sconfitte in Champions League per il Milan (0-1 a San Siro con lo
Zurigo) e Juventus (il recente 1-0 a Berna con l'YB). Il tutto senza
dimenticare, ovviamente, lo scorso anno, il doppio pareggio tra la Nati e gli
Azzurri freschi campioni d'Europa, nel girone di qualificazione mondiale, che
ha condannato questi ultimi a uno spareggio (che verrà disputato nelle prossime
settimane) tutt'altro che scontato per l'accesso ai Mondiali in Qatar, che vedono
invece i rossocrociati già iscritti nella lista delle partecipanti.
Questo e altro, insomma (compreso, diciamolo, anche un
abbassamento del livello tecnico del massimo campionato italiano, perlomeno a
livello di squadre della seconda fascia), hanno convinto i dirigenti delle
squadre di Serie A a guardare al calcio elvetico con un occhio diverso. E così,
in questa sessione di mercato invernale, i direttori sportivi di alcune squadre
militanti nella massima serie della vicina Penisola hanno varcato il confine e
sono venuti a fare spesa in Svizzera, in particolare a Berna. Sono quindi
partiti Aebischer (Bologna), Hefti (Genoa) e il bomber Nsame, reduce da un
infortunio piuttosto grave (al Venezia), ma in ripresa, e voglioso di tornare
ai livelli che qua conosciamo. Ma non solo: anche la Juventus si è fatta
sedurre dalla moda rossocrociata, ed è andata a prelevare in Bundesliga, al
Borussia Mönchengladbach, il nazionale Denis Zakaria, classe 1996, anche
lui esploso alcune stagioni fa in quel di Berna, dopo essere cresciuto
calcisticamente a Ginevra, dov'è nato. Non si può, poi, non nominare il
trasferimento dell'attuale capocannoniere della Super League, il brasiliano
Arthur Cabral, dal Basilea alla Fiorentina, dove avrà il difficile compito di
non far rimpiangere nientemeno che Dušan Vlahović, passato alla Juventus
in quello che è stato il trasferimento più importante del mercato di
riparazione italiano.
Che dire? I motivi di questo interesse sono molteplici. Di sicuro,
alla base dell'assalto all'argenteria dei bernesi campioni incarica da parte
della Serie A c'è stata la partecipazione alla fase a gironi di Champions
League, e le due partite contro l'Atalanta e la vittoria contro il Manchester
United di Ronaldo, che hanno messo in mostra i giocatori gialloneri al grande
pubblico della vicina Penisola. Il resto l'hanno fatto Wyscout, la vicinanza
geografica dei due Paesi, e la presa di coscienza che quello svizzero è un
movimento che punta a formare atleti acerbi da lanciare nei principali
campionati europei, con una buona organizzazione dei settori giovanili. Ultimo
aspetto, ma non meno importante, una minore disponibilità economica, che ha
messo molti operatori nella necessità di scommettere su giocatori, magari non
ancora del tutto affermati agli alti livelli, ma con delle potenzialità che
hanno già espresso nel proprio campionato nazionale. Sulla crescita del
movimento elvetico ha scommesso per esempio l'Inter, che ha mandato Sebastiano
Esposito a Basilea a farsi le ossa, anziché spedirlo in provincia in italia tra
i cadetti. Del resto, cosa c'è di meglio che far giocare un giovane in un club
estero di punta, dove potrà lottare per vincere il titolo nazionale, esibirsi
in casa sempre davanti a 20.000 spettatori di media, e con la possibilità di
disputare gare in Europa, seppure in una competizione di secondo livello?
Potevano essere Pisa, Como o Lecce alternative in grado di offrire
altrettanto?
La sensazione, insomma, è che anche in Italia, dove non si
vedevano svizzeri di un certo livello dai tempi di Senderos e, soprattutto, di
Lichtsteiner, i giocatori rossocrociati possano tornare a far parlare di sé. La
qualità per far bene c'è; ci sono margini di crescita tecnica individuale e,
sicuramente, anche Murat Yakin (lui, tra l'altro, molto più attento del suo predecessore
al "giardino di casa") non potrà che fregarsi le mani in ottica Qatar
2022. Buona fortuna, dunque, alla pattuglia svizzera che ha varcato il confine:
li osserveremo con attenzione e simpatia.