Calcio
"Rivedo la felicità in quegli occhi chiari"
Edo Carrasco, l'eroe di San Siro, ricorda il presidente gentiluomo Tullio Calloni
Pubblicato il 08.02.2022 14:55
di Carlo Scolozzi
Al mio collega e amico Mauro Antonini piace abusare dell'espressione "grande umanità", è un po' il suo marchio di fabbrica e il suo mantra. Ma per quel che concerne Tullio Calloni questa definizione calza a pennello. Lui, il presidente dal volto umano, viene ricordato con affetto dal suo ex giocatore Edo Carrasco, l'eroe di San Siro.
Carrasco, un suo ritratto del mitico pres.
"Sicuramente ne porto un ricordo molto positivo. Calloni era un signore e una brava persona. Sapeva abbinare il ruolo di dirigente a quello di appassionato e faceva tutto ciò con grande equilibrio".
Qual era la sua dote principale?
"La diplomazia. Grazie ad essa riusciva a risolvere più volte piccoli problemi. Rammento che ci fu un contenzioso contrattuale che mi riguardava e lui, con molta tranquillità, seppe venirmi incontro. Mi spiegò che quando si è giovani occorre guardare i fatti da più punti di vista, ma poi trovammo un punto di contatto proprio per merito della sua eleganza". 
Il 26 settembre 1995 è una data impressa sulla pietra e l'artefice fu proprio Calloni (anche se il gol lo fece Edo).
"Per lui rimase un ricordo indelebile, si trattava del presidente tifoso che batteva l'Inter. Anni dopo mi invitò a mangiare con degli amici a Gentilino e ricordò quell'impresa unica e straordinaria. Rimarrà sempre famoso per quel successo".
Vi disse qualcosa di particolare dopo che avevate eliminato i nerazzurri, a Milano, nei 32esimi di Coppa Uefa?
"Più delle parole ricordo lo sguardo. In quel momento era orgoglioso e la sua felicità era molto ben visibile in quei suoi occhi chiari. Lui infatti aveva una forte espressività. Ma non era il tipo che saliva sul carro del vincitore: Tullio si assumeva le sue responsabilità anche quando le cose andavano male. Eppoi non scavalcava mai nessuno. Non lo fece neanche con Mister Roberto Morinini: rispettava insomma il ruolo di ognuno. Inoltre era molto empatico".
Oltre al successo sull'Inter c'era un altro motivo di fierezza.
"Era felice dei risultati ottenuti, ma soprattutto perché li aveva colti con quei ticinesi che aveva visto crescere e mi riferisco qui a Penzavalli, Morf, Colombo, Esposito e Pelosi. Quelli erano i suoi ragazzi".
Ha più incontrato nella sua carriera un personaggio così?
"Mai. Aveva uno stile ineguagliabile. Non prendeva nulla sul personale e poteva essere il nonno di tutti. Aveva aplomb, era generoso e gentile anche fuori dal campo. Quando ci vedevamo ultimamente a Cornaredo ho ritrovato la persona cordiale e davvero unica che avevo conosciuto in passato".