Reto Ziegler sembra avere davanti a sé solo Yanick Brecher,
ma è un sortilegio al quale non abbocchiamo neppure noi in cuffia. La magia ci
ammalia, certo, ma non dobbiamo mica tirarlo noi quel rigore bellissimo, solo
aspettare che Reto purtroppo lo sbagli. Non è per gufismo, ma per convinzione,
vedendo e sentendo la stregoneria che cala dalla Südkurve come un’onda anomala.
La paura di sbagliare entra nei nervi di Reto, lo si vede dalla sua posa
irrigidita e a niente serve la consolazione di De Gregori, nemmeno Saba come
ipotesi di portiere caduto. La parte ultrà del Letzigrund è un muro di suoni e
gesti che ottunde, ma ci attacchiamo alla pazza e ultima idea che il terzino
del Lugano ne abbia viste molte di avversità nella sua lunga carriera di
carpentiere del calcio. Del resto è anche il bomber della squadra, con i suoi
quattro gol preziosi e al contempo significativi della povertà d’attacco.
Fino a quel momento il Lugano si era battuto, sacrificando
il suo uomo migliore, Mattia Bottani, in un lavoro infernale di raccordo,
ostacolato invece che aiutato da quel venticello di nome Aliseda. Il Crus ci
aveva provato così, con un attacchino di pesi leggeri e contenimento, ma sotto
di un gol la sua squadra si è destata e con Reto pronto è nel suo momento
migliore. Ma a Reto si sono già sciolte le vene nel frastuono della Südkurve.
Batte
piano di sinistro, Brecher para come in un déjà vu, un brillante fotogramma di
vita passata. Il Letzi esplode, Reto si sfrega la testa, come per farci
rifluire un sangue sparito, torna in difesa e si seppellisce nei suoi tormenti.
E con lui si interra tutta la squadra, la vana rincorsa è finita e lo Zurigo,
in dodici uomini, e il dodicesimo tutti sanno chi sia, stravince. In fondo, in
certi momenti il coraggio non si può più dare.