Poi uno si rintana nell’obiettività professionale, nelle
statistiche, nella calma dell’esperienza nel distacco saggio per non
scontentare nessuno, ma sul fondo del cuore palpita la passione, che spinge
alla retorica con effetti a volte comici, spesso tragici. E allora è da
stanotte che penso alla partita di stasera tra Inter e Liverpool, e per favore
non dite “te ga iè be’ i fastidi”, non potete sapere che inferno. Tiferò in
modo infuocato per una, col cuore diviso perché sono anche tifoso dell’altra.
Lo dico a sprezzo del pericolo, pronto a essere sepolto dagli strali degli
integerrimi depositari dell’imparzialità e pure dai monogami. Io per oggi mi
rimangio l’etica professionale e la religione del tifoso, istruito a tenere
cristianamente per una squadra sola come se fosse una moglie. Ma io sono ateo e
bigamo dentro.
“Ritagliato alla brutus da una federa lisa e giallognola,
prende forma a occhio lo stemma del Liverpool. Non ricordo dove l’ho visto, ma
ci tengo per via dei Beatles. Sembra un gallo magro o non so che altro uccello
impettito a terra. Lo cucio sulla mia maglietta rossa e segno due gol in
Pasquei scartando i platani. Poi si stacca.”
La scena si svolge attorno al 1971, è il fuoco che forgia.
In quell’anno mi era anche capitato tra le mani l’Intrepido, giornalino a
fumetti che all’interno presentava personaggi dello sport di allora.
Boninsegna, che assomigliava a un tipo del mio paese, mi fece innamorare di lui
e dell’Inter, che a casa nemmeno sapevamo come fosse perché la tele non c’era e
alla tele non ci sarebbe stata nemmeno la Rai (eravamo ancora all’antenna sul
tetto, con lo zio a rischiare la pelle e noi giù sotto a indirizzarlo).
Insomma, in quell’anno decisivo dovevo decidere se sposare
l’Inter il Liverpool. Ascoltai Get Back con l’Intrepido tra le mani e scelsi i
Red, con i Nerazzurri appena sotto ma avanti a tutti gli altri. (Red mai visti
e sconosciuti). Poi la vita avanza, succede di tutto, la tele comincia a
funzionare a ritmo serrato, gli amori vengono e soprattutto vanno, gli stadi
non sono più chimere e spesso mi pagano anche per vedere le partite, assurdo.
Oggi però non mi paga nessuno e senza obblighi tesi al mio
bene mi scatenerò sul divano disturbando il mercoledì, dopo aver camminato da
solo tutto il giorno, altro che la Kop come madre. Cara Beneamata, scusami, ma
fino a domani non posso baciarti, mi tocca lottare con i ragazzi della Mersey.
Domani tornerò l’inflessibile depositario dell’oggettività, promesso.