Scrivere,
commentare, analizzare due settimane di Giochi Olimpici e quant’altro permette
a ogni cronista anche qualche sbavatura, chiamiamola scampagnata semiseria tra
i secondi e i centesimi di secondo e l’uno l’altro aspetto che si vivono
attorno ai protagonisti.
Secondo il
maggior quotidiano austriaco Kronenzeitung, la Svizzera dovrebbe trasferire
nella loro bacheca alcune delle nostre medaglie, segnatamente gli ori di Lara Gut, Beat
Feuz e Marco Odermatt che sono poi gli unici tre dei rossocrociati contro i cinque,
a tutt’oggi, dei loro.
Ovviamente agli Oesterreicher
non va giù che Kugelblitz, al secolo Beat Feuz, come viene chiamato il
bernese dal Blick e che deepl.com traduce in “fulmine a palla”, dicevamo,
non gli va giù che abbia vinto quella che forse è la medaglia d’oro più ambita
dei giochi invernali, quella della discesa maschile. E sì che i nostri vicini
con Mayer, Strobl, Ortlieb, Stock, Zimmermann e Sailer ne vinsero già più dei
nostri Feuz, Défago, Zubriggen e Russi.
E allora? E
allora bisogna sapere che Beat Feuz già da molti anni risiede nei pressi di
Innsbruck dove con la moglie Katrin Treindl ha già avuto due figlie, la seconda
delle quali nata poche settimane fa tra le gare di Wengen e Kitzbühel. I suoi
sci sono di marca Head che vengono costruiti a Kennelbach, vicino a Bregenz,
nel Vorarlberg austriaco a pochi chilometri dal confine svizzero. Anche Lara
Gut scia Head, industria di proprietà del presidente della federsci
internazionale Johan Eliasch, dopo aver iniziato su Atomic prima di passare
dalla Rossignol; alla ticinese gli sci li prepara Thomas Rehm che ha dei
passati di successo alla Kästle fin quando questa gareggiava. E nel discorso,
che cosa c’entra Marco Odermatt sugli attrezzi di marca lucernese Stöckli: da
cinque anni il serviceman del nidwaldese è Chris Löbler, austriaco del
Vorarlberg ma risiedente nel canton Appenzello.
Eccoci dunque
approdati in Svizzera, dove visse i primi anni della sua vita Alessandro
Hämmerle (oro nello snowboardcross) che nacque a Frauenfeld prima di
trasferirsi con la famiglia a Bludenz. Bludenz? Questa è l’ultima città, una
volta passata la frontiera, prima di arrivare al passo dell’Arlberg, che divide
Vorarlberg e Tirolo. E qui vive anche Thomas Steu che a Pechino ha conquistato
due medaglie sullo slittino.
Se dunque sarà
vera l’analisi semiseria del collega della “Krone” atta a restituire ai nostri
vicini qualche “patacca” (dal dialetto bernese “Plampu”, come definì Tanja
Frieden la sua medaglia d’oro del 2006 nello snowboardcross a Torino), andiamo
in fondo alle cose. Scopriamo così che nel lontano 1919 nel Vorarlberg ci fu
una votazione popolare a seguito di un’iniziativa che chiedeva l’aggregazione
del Land a ovest dell’Arlberg alla Svizzera, un Land – che ancor oggi viene
chiamato vezzeggiativamente Ländle, cioè piccola regione – che dopo l’uscita a
ossa rotte dell’impero austro-ungherese dalla prima Guerra Mondiale, si
ritrovava in ginocchio sia dal punto di vista economico che da quello politico,
maltrattato dalla lontana capitale Vienna.
Ben l’81 per
cento dei Vorarlberger votò sì all’aggregazione con la Svizzera ma non se ne
fece nulla. Berna disse no per due ragioni. Da una parte ci sarebbe stata
un’aggregazione troppo cattolica, dall’altra uno sbilanciamento delle lingue a
scapito soprattutto di quella francese. Al che al Vorarlberg venne affibbiato
l’aggettivo di “Kanton übrig”, cioè cantone complementare, rimanente.
Torniamo al
semiserio. Certo che se 103 anni fa le cose fossero andate così, altro che
supermedagliere per gli austriaci a Pechino.
Noi, se permettete, facciamo rientrare “prima i nostri” e ci prendiamo
anche Johannes Strolz (Warth, Vorarlberg) e Kati Liensberger (Feldkirch, stessa
cosa), oltre a tutti i medagliati su Head. E prima parlavamo della Kästle fondata
nel 1924 e che aveva sede a Hohenems, lo sci con cui l’airolese Doris de
Agostini vinse gare e Coppa del Mondo. A Hohenems ci si arriva attraversando il
confine a Diepoldsau SG che nel passaporto del vostro cronista è iscritto come luogo
d’origine. Ai Giochi dell’88 a Calgary su Kästle vinse un certo Pirmin
Zurbriggen e altri due ori andarono a Hubert Strolz (Warth, padre di Johannes
che sigla così la prima doppietta d’oro olimpica padre-figlio) e Anita Wachter
di Tschagguns, Vorarlberg, confinante con St. Antönien-Castels, Schweiz,
Graubünden.
(Nella foto Beat Feuz)