Le Cavallette non balzano più, raggelate al suolo da una
settimana a zero gradi, cioè, a zero punti. La primavera non è ancora in vista
e rianimarsi non sarà facile. Se Pasolini denunciava la morte delle lucciole,
qua si deve invece costatare la rinascita delle luci in coda al treno della
salvezza, con il Lucerna che ha ridotto a otto punti lo svantaggio dal
Grasshopper. Povere Cavallette, così lontane dall’Hardturm e così immerse
nell’esilio permanente del deserto ostile del Letzigrund: Lugano a parte, sono
le meno sospinte dai loro tifosi, dispersi nella vastità di uno stadio tutto
dipinto dai fratelli dello Zurigo, primattori e beffardi.
Non basta il pallone gonfiato, quella cavalletta di plastica
che sputa e risucchia i giocatori, inanimata e goffa. I tram dal Letzi alla
Hauptbahnhof, sospesi quando gioca lo Zurigo a causa della moltitudine
intemperante dei tifosi-vandali, sono invece ripristinati quando c’è il
Grasshopper e sembrano mesti ritorni dalle gite scolastiche, silenti e composti
nell’afflizione di vecchi e bambini.
Le Cavallette non balzano più e forse non si capiscono
nemmeno, se è vero che tra di loro parlano inglese per cercare di capirsi nella
babele dello spogliatoio tenuto in mano dallo sconcertato Contini. Anche
Challenge League è una definizione inglese che si capisce fin troppo bene.
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Cornaredo è un vuoto, alienante pure lui, e ci sembra
sconcertato perfino Mattia Croci Torti, con la sua astrusa formazione iniziale
che è sembrata un diktat della dirigenza e che nella partita più importante
della settimana inglese ha fallito la misura della sfida da secondo posto
contro il Basilea.
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È un tempo di guerra, difficile da vivere con la leggerezza
del calcio che già alla terza uscita dopo la catastrofe ha abolito il minuto di
silenzio, come se tutto fosse andato a posto.