Calcio
Cavallette in esilio in tempo di guerra
Lugano a parte, sono le meno sospinte dai loro tifosi, dispersi nella vastità di uno stadio tutto dipinto dai fratelli dello Zurigo
Pubblicato il 07.03.2022 10:58
di Giorgio Genetelli
Le Cavallette non balzano più, raggelate al suolo da una settimana a zero gradi, cioè, a zero punti. La primavera non è ancora in vista e rianimarsi non sarà facile. Se Pasolini denunciava la morte delle lucciole, qua si deve invece costatare la rinascita delle luci in coda al treno della salvezza, con il Lucerna che ha ridotto a otto punti lo svantaggio dal Grasshopper. Povere Cavallette, così lontane dall’Hardturm e così immerse nell’esilio permanente del deserto ostile del Letzigrund: Lugano a parte, sono le meno sospinte dai loro tifosi, dispersi nella vastità di uno stadio tutto dipinto dai fratelli dello Zurigo, primattori e beffardi.
Non basta il pallone gonfiato, quella cavalletta di plastica che sputa e risucchia i giocatori, inanimata e goffa. I tram dal Letzi alla Hauptbahnhof, sospesi quando gioca lo Zurigo a causa della moltitudine intemperante dei tifosi-vandali, sono invece ripristinati quando c’è il Grasshopper e sembrano mesti ritorni dalle gite scolastiche, silenti e composti nell’afflizione di vecchi e bambini.
Le Cavallette non balzano più e forse non si capiscono nemmeno, se è vero che tra di loro parlano inglese per cercare di capirsi nella babele dello spogliatoio tenuto in mano dallo sconcertato Contini. Anche Challenge League è una definizione inglese che si capisce fin troppo bene.
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Cornaredo è un vuoto, alienante pure lui, e ci sembra sconcertato perfino Mattia Croci Torti, con la sua astrusa formazione iniziale che è sembrata un diktat della dirigenza e che nella partita più importante della settimana inglese ha fallito la misura della sfida da secondo posto contro il Basilea.
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È un tempo di guerra, difficile da vivere con la leggerezza del calcio che già alla terza uscita dopo la catastrofe ha abolito il minuto di silenzio, come se tutto fosse andato a posto.