Calcio
La paura di Ibra
Lo svedese vuole continuare ma è consapevole che la sua carriera sta per finire
Pubblicato il 23.03.2022 10:12
di Angelo Lungo
Secondo una parte della psicologia il Sé è un processo di autorealizzazione. Quest'ultima è la tendenza degli individui che intendono esplorare al massimo le proprie potenzialità. Persone che si percepiscono come uniche e sono molto motivate. Zlatan Ibrahimovic è sicuro di sé. Lo ha spiegato bene nella sua ultima fatica letteraria. Non si sente e non vuole essere uno normale. Lui si ritiene come il migliore. Avverte la pressione che mette agli avversari. E anche con i compagni è un martello, li sprona, li incita. Basta seguirlo e la vittoria non diventa un miraggio, ma una realtà a portata di mano. Si potrebbe parlare anche di sicumera: la sicurezza presuntuosa. Si ostenta superiorità. Si manifesta certezza. E niente timori: quelli che bloccano e che non fanno agire. Eventuali fragilità non sono ammesse e se ci sono vanno nascoste. Lo svedese sostiene che è l'adrenalina a sostenerlo, lo fa andare oltre, arriva con gli obiettivi che si prefigge. E via tutti i possibili ostacoli che si possono presentare.
Ma Ibra rimane umano. E pure lui, qualche volta, ha punti deboli. Il rossonero ha parlato dal raduno della Svezia, che giovedì affronterà la Repubblica Ceca nella prima gara dei playoff per il Mondiale.
Proferendo verbo, ipse dixit: “Provo un po' di panico davanti alla prospettiva di smettere di giocare. Di sicuro, continuerò il più a lungo possibile, finché riesco a ottenere risultati”. Avverte un leggero smarrimento, ha 40 anni e la fine della sua carriera si sta avvicinando.
Ha continuato: “Non voglio avere pentimenti quando avrò smesso. Cosa succederà dopo non lo so, ho un po' di paura. Certo l'adrenalina che sento addosso non la proverò mai più. Gioco da 25 anni, ma un giorno al risveglio non ci sarà più niente davanti a me, sarà un bell'impatto”.
Una parvenza di tristezza si può impadronire anche degli invincibili.
C'est la vie Zlatan: l'estensione del dominio della normalità. Non rimane, per tentare di consolarsi, che citare il poeta e rammentare: “Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza”.