Dai, in fondo la stanno prendendo con leggerezza, senza
neanche i titoli roboanti delle loro vittorie. Non sembra pesare nemmeno il
precedente svedese, in fondo era tutta colpa di un allenatore inadatto e di un presidente
involuto. Ora che c’è un bel coach alla moda con in dote un titolo europeo e un
ciuffo di capelli che fa tremare le signore, ecco che l’Italia può finalmente
disputare lo spareggio con la Macedonia senza appellarsi alla patria retorica,
forte anche di un gioco moderno e avviluppatosi solo per un paio di colpi della
malasorte.
E del resto il calcio è anche l’occasione per non pensare
alla guerra in atto, un momento di svago pacifico e lasciato solo all’agonismo
dello sport, che si apre al primo minuto e si chiude al novantesimo, recuperi e
supplementari esclusi. Vada come vada, vinca il migliore e complimenti allo
sconfitto.
Ah no? Bisogna stringersi a coorte e prepararsi alla morte?
Allora dietrofront e adeguiamoci, forza con un bel paginone
con cavalieri in armatura e spade, in piena e ironica rappresentazione bellica,
con titolone misurato, che tanto il lettore e il tifoso capiscono benissimo che
è solo una caricatura, mica una battaglia vera. Lo sanno tutti, suvvia: Palermo
non è Mariupol, la Macedonia è un dolce, l’Italia è Rinascimento e la Gazza una
bibbia.
(Continua domani)