Calcio
"Non è una sconfitta, ma un'occasione per ripartire"
L'ex Mister di Bellinzona, Locarno e Chiasso Stefano Maccoppi analizza l'incubo dell'Italia
Pubblicato il 26.03.2022 15:01
di Carlo Scolozzi
Intercettiamo il giramondo Stefano Maccoppi mentre è in giro, un sabato pomeriggio, nella "sua" Sofia. È un Mister felice, d'altronde ha appena colto due risultati importanti, al debutto col suo Tsarko Selo. "Beh in effetti abbiamo pareggiato le partite con le prime due della classe, ossia CSKA e Ludogorets. C'è stata un po' di sofferenza, ma va bene così".
Questo aggiornamento gradito e doveroso sulla nuova avventura di "Bobo" non è però il motivo per quale l'abbiamo cercato. L'ex Como e Piacenza è infatti l'interlocutore prescelto per un'analisi sulle vicende azzurre, con un'Italia protagonista di un incubo che neanche il miglior Dylan Dog saprebbe sconfiggere.
Allora Maccoppi, giovedì l'hanno fatta davvero grossa.
"Se parliamo della partita dobbiamo essere onesti e dire che l'Italia meritava di vincere, ovviamente non facendo gol e subendolo... Gli azzurri hanno trovato anche una solida Macedonia, che aveva fatto due tiri nello specchio già nel primo tempo. La squadra di Mancini ha collezionato una ventina di occasioni da rete, ma non ha mai inquadrato lo specchio. Comunque fermarsi all'analisi della partita sarebbe fuorviante".
Perché Mister?
"I problemi sono altri. Il coach e il suo staff hanno veramente fatto un grandissimo lavoro all'Europeo, ma dobbiamo essere sinceri: non eravamo la nazionale più forte. Ci siamo compattati e abbiamo trovato gli incastri giusti. In finale abbiamo pareggiato su un mezzo rimpallo e vinto solo ai rigori. Insomma, ci sono state situazioni favorevoli, che non cancellano comunque i meriti".
Cosa va analizzato?
"Il movimento italiano. Abbiamo affrontato la Svizzera, in uno spareggio, con Scamacca. Abbiamo giocatori più forti di questi? No, non ce ne sono".
La mente va alle nazionali del passato.
"Di questa squadra nessuno sarebbe entrato nello spogliatoio del 1982, forse qualcuno in quello del 2006. Dove sono i Del Piero, i Totti, gli Inzaghi, i Pirlo, gli Zambrotta, i Cannavaro e i Buffon? Il nostro è stato un calo costante. Non voglio fare il lecchino, ma l'esempio da seguire è quello della Svizzera, con la sua politica dei settori giovanili. I giocatori rossocrociati li conosco tutti, per averli affrontati. Il progetto svizzero è un merito della Federazione".
L'Italia invece è rimasta attardata.
"Dal 1982 a oggi non è più stato fatto nulla. Non si può pagare 400 euro un allenatore della Primavera, è un professionista accidenti! Dopo succede che i tecnici delle giovanili sono persone che hanno un secondo lavoro, come il postino, per dirne uno. Insomma, prendiamo i giocatori all'estero e non costruiamo un prodotto interno. Mancini si gira attorno e dice: chi è convoco? Ci ha riprovato con Balotelli, che ha fatto benissimo a non chiamare per la gara con la Macedonia. A quel punto io avrei cercato Quagliarella, che vede la porta".
Lei ne fa una questione anche tattica.
"Non scimmiottiamo i Guardiola, ma giochiamo all'italiana. Dobbiamo essere orgogliosi delle nostre tradizioni. Nel 1982 e nel 2006 abbiamo vinto con le ripartenze. In generale, se non capiamo adesso che bisogna ricostruire, dopo due qualificazioni ai Mondiali fallite...".
Terrebbe il Mancio?
"Certamente, non è lui la causa del flop. Inoltre sa lavorare. Ma questo pover'uomo non ha gente da convocare, a differenza di quanto accade in Francia, Germania, Spagna, Belgio e, ripeto, soprattutto Svizzera, un esempio geograficamente vicino. Parliamo di nazioni che costruiscono e costruiranno giocatori. L'Italia deve tornare a farlo, perché tutto inizia da lontano, dai settori giovanili. Ricominci da lì, anche se ci vorranno anni".
Lei ha una sorta di slogan per riassumere il tutto.
"Nonostante la delusione, questa non è una sconfitta, ma un'occasione per riflettere e ripartire nel modo giusto. C'è da fare innazitutto una bella pulizia: via dal calcio quei personaggi che non sono competenti e non ne capiscono nulla".