Tutti
gli occhi del mondo calcistico sono puntati su Doha, dove si è
tenuto il 72° Congresso della Fifa. È stato approvato un bilancio
record: nel quadriennio 2018-2022 ci sono stati incassi per 7
miliardi. Il giocattolo piace, è costoso e potrebbe aumentare,
ancora, gli introiti in maniera esponenziale. Gianni Infantino non ha
dubbi, si sente pronto e deciso a continuare. È in carica dal 2016,
ma ritiene che il tempo di lasciare non sia ancora giunto, dimodoché
nel 2023 intende ricandidarsi.
A
partire dagli anni Sessanta ci sono stati solo 6 presidenti: gli
inglesi Drewry e Rous; il brasiliano Havelange; lo svizzero Blatter.
Il camerunense Issa Hayatou ha, però, diretto l'organismo solo per un anno. La carica è ambita e prestigiosa. Facendo le giuste e
appropriate mosse, la longevità è assicurata. Si diventa una sorta
di monarca.
Un
impero su cui non tramonta mai il sole. La Fifa conta più membri
delle Nazioni Unite. Di intralcio c'è solo l'Uefa, che non va
sottovalutata.
Infantino
ha parlato, in maniera esaustiva e chiara.
A
proposito dell'Italia: “Mi viene proprio da piangere. Per
tutti gli italiani è triste, è il secondo Mondiale di fila al
quale non partecipa”. Consolatorio
Sul
Qatar: “Ero tra i più critici, quando c'è stata
l'assegnazione. Non tutto è perfetto. Ma è nostro compito
incoraggiare il cambiamento. Lasceremo un'eredità importante. Tutti
saranno benvenuti”. Parole da politico consumato.
Sul
Mondiale biennale: “La Fifa non lo ha mai proposto.
Nell'ultimo Congresso è stato chiesto di studiarne la fattibilità.
E siano giunti alla conclusione che è fattibile. Siamo in una fase
di consultazione e discussione. Troveremo un accordo”. Per ora
sulla difensiva, ma poi si sferrerà l'attacco.
Il
calcio del terzo millennio non è semplicemente uno sport. È un
grande affare, muove cifre inimmaginabili. Ma è, anche, uno
strumento di “soft power”. È un rito sociale, capace di creare
una forte identificazione. Attrae e coinvolge. Una popolarità sterminata: che cresce, cresce, cresce.