QATAR 2022
"Sarà un Mondiale diverso ma sicuramente molto ben organizzato"
Pier Tami torna oggi a casa dopo quattro giorni passati a Doha e ci racconta il Mondiale che verrà
Pubblicato il 03.04.2022 04:08
di L.S.
Sarà un Mondiale tutto da scoprire, per il calendario e il luogo.
A novembre, in Qatar: chi l’avrebbe immaginato soltanto vent’anni fa?
Pier Tami torna a casa oggi dopo quattro giorni passati a Doha, sede del sorteggio avvenuto venerdì sera. In un ambiente maestoso e pieno di sfarzo.
Ci era già stato nel 2011, quando alla guida dell’Under 21 aveva affrontato in amichevole prima l’Arabia Saudita e poi proprio il Qatar.
“In dieci anni è cambiato tanto, hanno costruito moltissimo. Doha è una città modernissima e per quanto riguarda gli stadi sono tutti molto belli”.
A parte il caldo, che però a novembre non dovrebbe essere insopportabile (la temperatura oscillerà tra i 24 e i 30 gradi), in Qatar ci sarà un altro problema.
“La vera sfida sarà quella degli alloggi per i tifosi. Qui ci sono soltanto 100 mila posti letto mentre si aspettano 1,5 milioni di spettatori. La soluzione sarà probabilmente quella di alloggiare a Dubai e poi prendere l’aereo come se fosse un bus navetta. Tra Dubai e Doha adesso ne volano una ventina al giorno, ma verranno sicuramente aumentati”.
In queste ore Tami e gli altri componenti dello staff elvetico sono andati a visitare l’albergo e il centro di allenamento.
“Il nostro albergo è nuovissimo e aprirà soltanto a fine mese. Avevamo già definito tutto da tempo ma volevamo controllare che anche a livello di tutela dei diritti dei lavoratori fosse tutto a posto. Sia la nostra Federazione che la Fifa ci tenevano molto a questo aspetto e avevano richiesto un audit specifico”.
Girando per Doha si respira già aria di Mondiale?
“Direi proprio di sì, si nota grande partecipazione e soprattutto orgoglio tra la gente. L’organizzazione del Mondiale è un grande riconoscimento per tutto il mondo arabo. È stato impressionante l’arrivo dell’emiro Al Thani durante il sorteggio: si sono alzati tutti in piedi. C’è grande rispetto e devozione per lui”.
Un aspetto positivo saranno sicuramente le distanze, vero?
“Assolutamente. Se penso agli interminabili viaggi che abbiamo fatto durante l’ultimo Europeo, qui le partite vengono giocate tutte in un raggio di 60 chilometri. È veramente molto comodo”.
Il sorteggio invece è stato un po’ meno… comodo. O sbaglio?
“È vero, poteva anche capitarci un gruppo più abbordabile, ma la cosa più importante sarà quella di arrivare all’appuntamento nelle condizioni migliori. Sarà fondamentale che tutti i giocatori siano al massimo della forma psicofisica. Certo, se il Brasile è il primo nel ranking mondiale un motivo ci sarà”.
E Serbia e Camerun?
“I serbi hanno grandi individualità, mentre il Camerun sarà una brutta gatta da pelare, come tutte le migliori nazioni africane. Ad un Mondiale non ci sono avversari facili. Credo che potrà succedere veramente di tutto: sarà una bella lotta e noi vogliamo giocarcela fino in fondo. Senza dimenticare che essere qui non è assolutamente scontato: basta vedere quali squadre sono rimaste a casa”.
A proposito di Serbia, inevitabile rievocare la partita del Mondiale 2018 in Russia e il famoso gesto delle aquile fatto da Xhaka, Shaqiri e Lichsteiner.
“Le aquile sono lontane, anche per gli stessi giocatori. È successo e non dovrà più succedere. Nei valori della nostra federazione c’è grande attenzione per le differenze politiche, religiose e sessuali. Non si può mancare di rispetto a nessuna di queste componenti. Si può anche perdere una partita di calcio, ma non possiamo mai venir meno a certi obblighi”.
Sempre a proposito di gesti e comportamenti, a qualcuno non è piaciuto il gesto di Xhaka dopo la sostituzione contro il Kosovo.
“È una cosa che è già stata chiarita sul campo con l’allenatore. Granit era nervoso perché non è riuscito a tirar fuori la prestazione che si aspettava. Forse avrebbe potuto evitare la reazione, è vero, ma è un giocatore di personalità che esprime le sue emozioni, che ogni tanto non sono facili da controllare. Soprattutto su un campo di calcio”.
Torniamo al Mondiale: si punta al quarto di finale?
“All’Europeo ci siamo riusciti, ma è stato un torneo particolare. Eravamo partiti male e poi siamo cresciuti con il passare delle partite. Anche in un Mondiale è giusto sognare di andare lontano”.
A proposito… bocciata l’idea di disputarlo ogni due anni.
“Credo che fossero proprio i giocatori a non volerlo. Pensare di avere un anno il Mondiale e un anno l’Europeo, senza dimenticare la Nations League, mi sembra esagerato. Anche a livello di stress, qualcosa di difficilmente sopportabile. Senza contare che forse anche il tifoso avrebbe rischiato l’assuefazione”.
Il Mondiale inizia a novembre, ma per voi sarà un’estate molto impegnativa.
“Avremo la Nations League che ci vedrà affrontare a giugno e poi a settembre, due volte Spagna, Portogallo e Repubblica Ceca. Essendo nel gruppo A sono ormai diversi anni che disputiamo sempre grandi partite. Sarà un periodo intenso, anche per via della data del Mondiale e per il covid che aveva interrotto il calendario internazionale. Sono tutte sfide di alto livello che ci permetteranno di crescere ancora”.
Nelle ultime due amichevoli non è stata una Svizzera brillantissima. È d’accordo?
“Sono state due partite molto diverse tra loro. Con l’Inghilterra abbiamo giocato bene, con buona intensità. Purtroppo quando fai un errore a questi livelli vieni punito. Con il Kosovo c’era invece poco ritmo ed era difficile far emergere i veri valori. Bisogna calcolare l’atmosfera di festa e il fatto che l’allenatore aveva cambiato nove titolari rispetto a Wembley. Nonostante tutto mi è piaciuta la reazione della squadra, che non ha voluto perdere”.
Per chiudere: dopo questi quattro giorni trascorsi in Qatar, che idea si è fatto del Mondiale che verrà?
“Sono ottimista. Ho visto grande organizzazione e attenzione per i dettagli. Sarà un bel torneo. Diverso dagli altri probabilmente, ma non per questo meno vero e interessante. E spero che la Svizzera possa esserne protagonista”.