La leggenda narra che Pep Guardiola controllasse le unghie
dei piedi ai suoi giocatori, per evitare squilibri inenarrabili in caso di
incarnirsi di calli. Forse sarebbe ora che il Pep, e i suoi colleghi,
passassero definitivamente al taglio delle braccia dei calciatori, dalla
Champions giù giù fino alla Quarta Lega. Sono ormai prolungamenti inservibili,
anzi, dannosi. Già ora del resto si assiste a scivolate di tronchi umani con le
suddette braccia incrociate dietro come a una veglia funebre. Se qualche
disgraziato avesse ancora reminiscenze antiche e provasse a usare le braccia
per tenersi in equilibrio e il pallone, putacaso, vi incappasse, scatterebbero
sanzioni spaventose tipo il penalty, l’annullamento del gol, i cartellini rossi
e gialli. Con disdoro e gogna pubblica per il reprobo che si ostina a restare
umano, infrangendo il Regolamento scritto nelle costituzioni arbitrali di tutto
il mondo.
Non è più accettabile coprirsi le parti delicate o la testa
con le mani e le braccia, per ripararsi dalla pioggia di pallonate che arrivano
da ogni dove: bisogna invece soffrire e farsi violenza, nascondendo i
vituperati arti superiori con ogni mezzo e offrire il petto. Sono un ingombro
imbarazzante, sottoposto in caso di tocco a sonografie prolungate in sala Var,
con notevoli perdite di tempo e denaro e ulteriori seccature per la povera
classe arbitrale che si vede poi costretta a punire controvoglia le infantili
ribellioni al Sacro Regolamento.
Visto che la maggior parte dei calciatori non sa scrivere,
il taglio delle braccia (rubate all’agricoltura, tra l’altro) sarebbe un
progresso non da poco per la fluidità del gioco, con calo prodigioso di
intemperanze e polemiche. Per altre attività manesche, anche notturne,
rivolgersi a terzi.