SCI
Lo scivolone di Sofia Goggia
La sciatrice italiana travolta dalle critiche per una intervista in cui parla di omosessuali
Pubblicato il 19.04.2022 08:57
di Silvano Pulga
Ci sono, e ci sono stati, tante campionesse e campioni, nello sci della vicina Penisola. I personaggi, però, sono e sono stati molto meno. Negli anni '70 esistevano la Valanga Azzurra e quella Rosa: tuttavia, di Pierino Gross, Gustavo Thoeni, Helmut Schmalz e Claudia Giordani (figlia dell'indimenticato Aldo, grandissimo cronista di pallacanestro negli anni d'oro di questo sport oltre confine) si parlava pochissimo al di fuori delle piste. Tempi differenti, di sicuro; ma, soprattutto, altri personaggi. "Eh ma non c'erano i social": verissimo. Però, anche ai tempi di Alberto Tomba non c'erano. Ma quello che ha fatto il bolognese (e già il fatto che un uomo di pianura, per di più non originario di una regione alpina, sia passato alla storia come uno degli sciatori italiani più forti in assoluto costituisce un fatto più unico che raro) per lo sci in Italia, non solo a livello agonistico ma soprattutto di diffusione di massa, resta ineguagliato.
Sofia Goggia, sotto questo punto di vista, ne ha raccolto l'eredità. Innanzitutto per i risultati sportivi e, in secondo luogo, per la popolarità. Certo, lei è bergamasca, il che la rende più "compatibile" con il mondo delle competizioni sulla neve. Tuttavia, si tratta sicuramente di un personaggio non banale, anche a livello mediatico.
Questo fatto è stato confermato proprio negli ultimi giorni, a seguito di un'intervista da lei rilasciata al Corriere della Sera. Sofia ha parlato a 360° di tanti argomenti: lo sci, le olimpiadi, gli infortuni, le polemiche con la Quario (mamma della Brignone e componente della Valanga Rosa), la sua vita privata. E, fedele al personaggio, è scivolata su una buccia di banana. 
All'intervistatore che le chiedeva se nello sci esiste l'omosessualità, l'atleta ha risposto che esiste nelle donne, ma riteneva non potesse essere lo stesso a livello maschile: "Gli uomini devono gettarsi dalla Streif a Kitz..." La bergamasca, ieri, si è scusata sui propri profili social: "Mi dispiace e mi scuso con tutte le persone che si sono sentite offese per la frase uscita nell'intervista sul Corriere, frase che, quando l'ho pronunciata, non voleva essere di natura discriminatoria."
Incidente chiuso, insomma, anche se le polemiche non si sono ancora placate. Del resto, anche Tomba qualche scivolone l'ha fatto, a suo tempo. Certo, Sofia avrebbe dovuto fare, prima di rispondere, qualche piccola operazione statistica: considerato che lo sci agonistico esiste da decenni, e la Streif è una gara da sempre inserita nel programma, la probabilità che, ai cancelletti di partenza, si sia presentato un atleta omosessuale (seppure mai dichiarato in pubblico) è assolutamente certa. Se battuta voleva essere, è stata insomma di dubbio gusto, e sarebbe bastato, per evitarla, una semplice deduzione statistica, appunto. Certo, il fatto mette in luce, ancora una volta, pregiudizi e problematiche legate all'omosessualità e allo sport agonistico. Ma siamo convinti che, in un futuro non lontano, la cosa non desterà alcun tipo di reazione. Come già avviene in altri ambiti, il mondo (almeno quello a noi più vicino) è ormai pronto a considerare ininfluente l'orientamento sessuale. E, tra qualche anno, una battuta del genere non verrà neppure più in mente ai protagonisti dello sport agonistico. 
Diverso, invece, il discorso sui transgender. Le parole di Goggia ("A livello di sport, un uomo che si trasforma in donna ha caratteristiche fisiche, anche a livello ormonale, che consentono di spingere di più. Non credo allora che sia giusto") hanno provocato un altro terremoto. Se si può discutere sulla forma, nel merito del discorso andrebbe fatto invece qualche ragionamento. Nulla da dire sulla necessità di favorire l'inclusione; tuttavia, i casi di Fallon Fox e, più recentemente, di Lia Thomas (e in uno sport molto più seguito, come il nuoto) hanno posto parecchi interrogativi. I successi, per l'allora William, ai tempi del College, non arrivavano: nella classifica della NCAA era il 428 nuotatore in graduatoria. Oggi Lia invece è una campionessa, dominatrice in tutte le gare. Forse sarà una cattiveria delle battute, ma c’è chi pensa, nell'ambiente del nuoto a stelle e strisce,  che la scelta di cambio di sesso sia legata a meri motivi di opportunità. Al di là del caso (differente) della mezzofondista sudafricana Caster Semenya, appare evidente che per la delicatezza della cosa e, soprattutto, il rispetto dovuto a chi affronta una scelta così importante per la sua vita come il cambio di sesso, nello sport, che da sempre differenzia uomini e donne per la differenza di prestazioni, la questione debba essere regolamentata in modo chiaro. Sappiamo che sarà difficile, che i numeri sono bassi, ma non è forse il caso che i transgender costituiscano una categoria sportiva a sé stante, per un discorso di equità, e per porre fine a sospetti che potrebbero apparire meschini ma che, sicuramente, non fanno il bene di nessuno? Sofia, magari in modo troppo secco, ha però posto un problema reale. Spetta al governo dello sport dare risposte.