Ci sono, e ci sono stati, tante campionesse e campioni, nello sci
della vicina Penisola. I personaggi, però, sono e sono stati molto meno. Negli
anni '70 esistevano la Valanga Azzurra e quella Rosa: tuttavia, di Pierino
Gross, Gustavo Thoeni, Helmut Schmalz e Claudia Giordani (figlia
dell'indimenticato Aldo, grandissimo cronista di pallacanestro negli anni d'oro
di questo sport oltre confine) si parlava pochissimo al di fuori delle piste.
Tempi differenti, di sicuro; ma, soprattutto, altri personaggi. "Eh ma
non c'erano i social": verissimo. Però, anche ai tempi di Alberto
Tomba non c'erano. Ma quello che ha fatto il bolognese (e già il fatto che un
uomo di pianura, per di più non originario di una regione alpina, sia passato
alla storia come uno degli sciatori italiani più forti in assoluto costituisce
un fatto più unico che raro) per lo sci in Italia, non solo a livello
agonistico ma soprattutto di diffusione di massa, resta ineguagliato.
Sofia Goggia, sotto questo punto di vista, ne ha raccolto
l'eredità. Innanzitutto per i risultati sportivi e, in secondo luogo, per la
popolarità. Certo, lei è bergamasca, il che la rende più
"compatibile" con il mondo delle competizioni sulla neve. Tuttavia,
si tratta sicuramente di un personaggio non banale, anche a livello mediatico.
Questo fatto è stato confermato proprio negli ultimi giorni, a
seguito di un'intervista da lei rilasciata al Corriere della Sera. Sofia
ha parlato a 360° di tanti argomenti: lo sci, le olimpiadi, gli infortuni, le
polemiche con la Quario (mamma della Brignone e componente della Valanga
Rosa), la sua vita privata. E, fedele al personaggio, è scivolata su una
buccia di banana.
All'intervistatore che le chiedeva se nello sci esiste
l'omosessualità, l'atleta ha risposto che esiste nelle donne, ma riteneva non
potesse essere lo stesso a livello maschile: "Gli uomini devono
gettarsi dalla Streif a Kitz..." La bergamasca, ieri, si è scusata sui
propri profili social: "Mi dispiace e mi scuso con tutte le persone che
si sono sentite offese per la frase uscita nell'intervista sul Corriere, frase
che, quando l'ho pronunciata, non voleva essere di natura
discriminatoria."
Incidente chiuso, insomma, anche se le polemiche non si sono
ancora placate. Del resto, anche Tomba qualche scivolone l'ha fatto, a suo tempo.
Certo, Sofia avrebbe dovuto fare, prima di rispondere, qualche piccola
operazione statistica: considerato che lo sci agonistico esiste da decenni, e
la Streif è una gara da sempre inserita nel programma, la probabilità che, ai
cancelletti di partenza, si sia presentato un atleta omosessuale (seppure mai
dichiarato in pubblico) è assolutamente certa. Se battuta voleva essere, è
stata insomma di dubbio gusto, e sarebbe bastato, per evitarla, una semplice
deduzione statistica, appunto. Certo, il fatto mette in luce, ancora una volta,
pregiudizi e problematiche legate all'omosessualità e allo sport agonistico. Ma
siamo convinti che, in un futuro non lontano, la cosa non desterà alcun tipo di
reazione. Come già avviene in altri ambiti, il mondo (almeno quello a noi più
vicino) è ormai pronto a considerare ininfluente l'orientamento sessuale. E,
tra qualche anno, una battuta del genere non verrà neppure più in mente ai
protagonisti dello sport agonistico.
Diverso, invece, il discorso sui transgender. Le parole di Goggia
("A livello di sport, un uomo che si trasforma in donna ha
caratteristiche fisiche, anche a livello ormonale, che consentono di spingere
di più. Non credo allora che sia giusto") hanno provocato un altro
terremoto. Se si può discutere sulla forma, nel merito del discorso andrebbe
fatto invece qualche ragionamento. Nulla da dire sulla necessità di favorire
l'inclusione; tuttavia, i casi di Fallon Fox e, più recentemente, di Lia Thomas
(e in uno sport molto più seguito, come il nuoto) hanno posto parecchi
interrogativi. I successi, per l'allora William, ai tempi del College,
non arrivavano: nella classifica della NCAA era il 428 nuotatore in
graduatoria. Oggi Lia invece è una campionessa, dominatrice in tutte le gare.
Forse sarà una cattiveria delle battute, ma c’è chi pensa, nell'ambiente del
nuoto a stelle e strisce, che la scelta di cambio di sesso sia legata a
meri motivi di opportunità. Al di là del caso (differente) della mezzofondista
sudafricana Caster Semenya, appare evidente che per la delicatezza della cosa
e, soprattutto, il rispetto dovuto a chi affronta una scelta così importante
per la sua vita come il cambio di sesso, nello sport, che da sempre differenzia
uomini e donne per la differenza di prestazioni, la questione debba essere regolamentata
in modo chiaro. Sappiamo che sarà difficile, che i numeri sono bassi, ma non è
forse il caso che i transgender costituiscano una categoria sportiva a sé
stante, per un discorso di equità, e per porre fine a sospetti che potrebbero
apparire meschini ma che, sicuramente, non fanno il bene di nessuno? Sofia,
magari in modo troppo secco, ha però posto un problema reale. Spetta al governo
dello sport dare risposte.