CALCIO
Questo Lugano non tradisce mai!
I bianconeri battono il Lucerna ai rigori e volano in finale: il 15 maggio a Berna contro il San Gallo
Pubblicato il 22.04.2022 07:28
di L.S.
Era scritto che sarebbe stata una serata epica, indimenticabile, di quelle che ti fanno entrare dritto nella storia. Il Lugano, quello vero, non era quello delle ultime due partite. No, il Lugano è quello di stasera, che lotta, si batte fino all’ultimo e poi vince. Soltanto chi non ha capito lo spirito di questa squadra poteva avere dei dubbi.
Si poteva anche perdere, certo, perché il calcio è fatto di episodi, ma alla fine ha vinto la squadra più forte, quella che ha meritato di più. Quella che la partita l’ha dovuta vincere tre volte. Una prima nei 90 minuti e una seconda nei 120, sempre acciuffata negli istanti finali, nel modo più crudele, di quelli che ti tagliano le gambe, ti fanno credere nella maledizione.
E poi ancora ai rigori, che dopo il rigore fallito da Maric avevano fatto temere il peggio.
Ma questa squadra è stata più forte di tutto, anche della sfortuna e dell’incertezza che ne hanno accompagnato alcuni suoi protagonisti in questi ultimi giorni.
Incerottati, con le stampelle lanciate vie poco prima del fischio finale, sono andati a prendersi questa vittoria. A strapparla al Lucerna. Con quel coraggio che tutti gli riconoscono, con quell’esperienza e quell’umiltà dei grandi campioni.
È stata la serata di Saipi e Celar: il primo ha parato tutto, addirittura i rigori. E pensare che il portiere di Coppa avrebbe dovuto essere Osigwe. Il Crus però non si è fidato e ha fatto bene. Ha avuto ragione lui.
E cosa dire dell’attaccante, autore di una doppietta e del rigore decisivo? Non sarà Van Basten, ma è uno che la porta la sente, freddo, glaciale e ultimamente in grande fiducia. Con quel sorriso beffardo di chi sa.
E poi Maric, che ha fallito il rigore dopo aver giocato 120 minuti da autentico leone: sarebbe stato ingiusto se avesse chiuso con quel peso sulla coscienza.
E che dire di Bottani, rimesso in piedi all’ultimo minuto e per un’ora il solito fantasista imprendibile?
E poi gli splendidi Lovric, Custodio, Lavanchy (che a Berna ci sarà, visto che i cartellini gialli venivano annullati dopo i quarti di finale) e Ruegg, e tutti gli altri, chi più chi meno. Alcuni… un po’ meno. Ma non è questa la serata per i processi.
Cornaredo è stato l’uomo in più, quello che nei momenti decisivi ha chiesto ai suoi ragazzi di non mollare. E loro non l’hanno fatto. E alla fine, tutti assieme, appassionatamente, si sono abbracciati.
Il finale è per il Crus, indemoniato a inizio partita, ritornato subito freddo e concentrato, come quell’allenatore che aveva detto di essere diventato.
L’impressione è che il tecnico del Lugano non si renda conto di cosa ha combinato in questi mesi. Ha portato i bianconeri al quarto posto, garantendo una salvezza anticipata e adesso è in finale di Coppa, come aveva sperato la società. A dire il vero Blaser & Co. avevano coniato lo slogan “salvezza + cammino in Coppa”. E il Crus, uno che anche da giocatore faceva ciò che gli veniva detto con grande determinazione e testardaggine, ha seguito il copione. Senza sbagliare un colpo.
Detto così sembra facile. Ma non lo è. Adesso si festeggia, poi si penserà alla finale.
Perché purtroppo, questa competizione, è bella solo per chi la vince.
E chi la perde, soprattutto in finale, ci resta malissimo. Come sei anni fa.
Con quel ricordo si va a Berna, per riportare la Coppa a Lugano. Come il Crus ha sognato in questi mesi. Perché i sogni, senza obiettivi, rischiano di restare sogni. Anzi, di trasformarsi in delusioni. Come disse Denzel Washington. Come da stasera può dire anche il Crus.