Ultrapensiero, quello di Guardiola. Nel senso che in una
settimana è andato imperterrito in tilt a furia di pensare al suo calcio
offensivo, nonostante noi gli dicessimo di rallentare e di seguire una logica
difensiva sulla quale appoggiare le sue illusioni. Ma niente, troppo plebea la
cosa. Infatti, il Pep si bea del termine inglese “Overthinking”, che gli è stato
nefasto in qualsiasi dopo-Messi abbia frequentato, pensando che la Champions
fosse il suo regno. Non che in parte non lo sia, le sue squadre fanno sempre
man bassa di gironi, salvo poi cominciare a tentennare nei primi turni a
eliminazione diretta e a franare in semifinale, con la chicca della finale
perduta l’anno scorso. Non si può dire che non onori il calcio, è solo che il
calcio non onora (più) lui.
Ieri sera al Bernabeu l’Ultrapensiero l’ha portato perfino a
snaturarsi, ma sempre in avanti, provando a difendere attaccando. Però senza
brio, sempre a recintare i suoi dentro a una montagna di idee incinta del
topolino, che è comunque uscito e pareva bastare, con quel gol di Mahrez in
capo a un’azione dove il Real sembrava difendere come il City, cioè male.
L’orrida difesa con i piedi al gelo e l’attacco
incappucciato hanno portato al disastro, con Ancelotti che si beava placido
nella sua sola tattica: incutere terrore con la presenza, il miedo escenico, e
aspettare la zampata dell’elefante che schiaccia il suddetto topolino, in barba
alle leggende. La cosa al Carletto gli era già riuscita col PSG e col Chelsea,
ma niente, Guardiola ha scacciato la tradizione confidando nelle sorti
magnifiche e progressive. Dimenticando che dietro ha due tra i peggiori
difensori visti quest’anno, Ruben Dias e Laporte (rivedere l’azione che ha
portato al rigore e tenerla fuori dalla portata dei bambini). Talmente
inadeguati, i due, che perfino Cancelo e Walker gli stavano lontani, forse per
non contagiarsi. Risultato? Sei reti subite in due partite.
Pareva farcela, aveva quasi illuso tutti. Con il Real sotto
di un gol e spiaccicato a terra dai due palloni che Grealish ha spedito
attraverso tutta linea di porta, senza entrarvi, il City ha subito il sorpasso
in un minuto a un soffio dalla fine.
Allora: okay che il Real ha sette vite, ma il Pep cosa
chiede alla sua squadra prima di cominciare? Di non pensare all’andata che
tanto la sopravvivenza del Madrid è un caso? Che vincere la Liga qualche giorno
fa porti la Casa Blanca ad accontentarsi? Che le tredici Coppe dei Campioni (a
zero) sono il passato e non giocano?
Secondo noi sono domande che si è fatto solo a sé stesso,
rispondendosi tre volte sì, fregandosene dell’ambiguità, per poter passare in
fretta all’Ultrapensiero e da lì alla catastrofe, la solita che lo travolge in
Europa da quando ha lasciato Messi. Pensiero unico, altro che Overthinking.