CALCIO
Il presente è la Super League, il "sogno" è granata
Alessandro Mangiarratti, tecnico ticinese del Vaduz, non molla la corsa verso la Super League
Pubblicato il 07.05.2022 08:15
di Enrico Lafranchi
Il verbo arrendersi non ha mai trovato ospitalità nel suo vocabolario. Il Vaduz ha liquidato senza problemi la pratica Wil stendendo al tappeto i sangallesi nel corso della ripresa (5-2). Alessandro Mangiarratti, è convinto che i giochi siano ancora aperti: “Fintanto che la matematica non ci gioca contro ci daremo dentro sino alla fine”. Il Vaduz ha un ritardo di 6 punti da colmare sulla nuova coppia di testa (Sciaffusa e Aarau, appaiati a 59 punti) ed è pur sempre a 5 lunghezze dal Winterthur che si è visto imporre il pareggio alla Schützenwiese dal Thun. Bernesi castigamatti? Non si può escludere, martedì si gioca Thun-Sciaffusa! Ma non è tutto. Sulla squadra di Martin Andermatt incombe un altro scontro diretto: nella penultima i renani affrontano il lanciatissimo l’Aarau (4-0 all’Yverdon in casa dei romandi) che all’atto finale se la vedranno proprio con la formazione del Principato: “La speranza di poterci agganciare ai primi – ribadisce il bellinzonese – l’accarezziamo ancora”.
Il Vaduz giocherà due delle ultime tre partite in trasferta, dove ha dimostrato di essere più forte che non nel formato casalingo. La prospettiva di uno spareggio (secondo posto) alletta il mister: “A Natale eravamo in testa alla classifica, non parlerei di cedimento alla ripresa del campionato. Abbiamo perso il nostro leader Denis Simani la cui partenza per Lucerna non è stata compensata, inoltre ho dovuto convivere con un paio di giocatori vittime di guai fisici, come Simone Rapp – una perdita pesantissima (si è infortunato a Yverdon, dove è stato autore di una doppietta, ndr) e Milan Gajic. Naturalmente ne abbiamo risentito, era un momento in cui stavamo premendo in velocità: però non siamo lontani dai primi, mi preme sottolineare che le nostre ambizioni erano di giocare nei primi 5”.
Beh, è andata ancora meglio, adesso è importante non mollare sul più bello. Il sogno cullato da “Ale” diventerebbe palpabile realtà. Motivazioni e stimoli non mancheranno di sicuro ai piani alti di Challenge, chi ha imboccato il rettilineo finale non si fermerà tanto facilmente: il Winterthur, nonostante abbia perso leggermente terreno (è terzo a – 1) sembrerebbe favorito dal calendario dovendo affrontare di seguito Wil, Xamax e Kriens, tre compagini che non hanno più nulla da dire a cominciare dai lucernesi, squadra materasso di ChL.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con un allenatore felice e contento di avere trasferito i suoi bagagli almeno per un anno nel Liechtenstein. Una presenza relativamente breve ma già appagata dalla vittoriosa finale di coppa con l’Eschen/Mauren (giocatasi martedì, 3-1).
Come sei arrivato a Vaduz?
“I matrimoni si fanno sempre in due” (ride, ndr)
Possiamo considerarla una promozione?
“Direi che è un passo avanti più che una promozione. Il lavoro di un allenatore è abbastanza variegato, lo si può interpretare in diversi modi passando un po’ in tutti i settori della formazione, dalla Under 18/21 alla Challenge League. E dopo è qualcosa di molto bello ed emozionante accostarsi al calcio professionistico”.
Che cosa è cambiato?
“Un po’ tutto, la pressione, le aspettative, anche il risultato conta molto. Per dirla in breve c’è più adrenalina!”.
L’impatto come è stato?
“Molto positivo anche se non è stato facile in quanto venivo da una squadra abbastanza consolidata ma di categoria inferiore. Ho però trovato grande serenità e rispetto, è nato subito un dialogo costruttivo” (nessuno si permette di interferire nel suo lavoro di tecnico, ndr).
Sei considerato una istituzione del calcio giovanile:
“A Berna abbiamo vinto il campionato di Prima Lega, l’ambientamento alla Promotion è stato abbastanza lento ma cammin facendo ci siamo portati a ridosso del Playoff. Sono contento perché abbiamo dato la possibilità a diversi giovani di venire fuori”.
Lo Young Boys ha subìto una brusca metamorfosi: che cosa è successo in casa dei campioni svizzeri?
“C’è stato un grande cambiamento all’interno della squadra, e anche un gran movimento di giocatori. Quando giochi ad alti livelli è chiaro che certi giocatori diventano subito interessanti, di riflesso i club medio-grandi d’Europa li corteggiano. C’è di mezzo anche un notevole carico di partite non solo della squadra ma anche di quei giocatori impegnati nelle competizioni dei loro Paesi. Qualche infortunio di troppo ha poi fatto il resto togliendo sicuramente energie alla squadra, cui Matteo sta in ogni caso dando linfa vitale (i gialloneri, freschi di due vittorie di fila contro Servette e Sion, sono ospiti oggi del Lugano, ndr)”.
Eri partito da Chiasso, che ricordo hai della tua parentesi al Riva IV?
“Si è trattato della mia prima esperienza con una squadra di Attivi: non è andata così male, eravamo in linea con gli obiettivi della società. Mi sento ancora spesso con il direttore Bignotti”.
Oltrepassando il Gottardo qual è stato il cambiamento più significativo?
“Qui c’è più tranquillità, meno polemiche. In Ticino se perdi due partite di fila buttano subito benzina sul fuoco: c’è sicuramente una maggiore pressione”.
Immersi ha lasciato il Team Ticino:
“Massimo ha tutte le competenze per svolgere alla grande il nuovo ruolo che gli ha affidato l’ASF. Al Team era arrivato un anno dopo di me, è stato bravo anche lui a mettere l’Associazione su buoni binari. Se l’è meritato”.
E tu hai fatto la tua parte:
“È stata un’esperienza importante, ho allenato tutte le categorie. Posso dire che è stato un periodo della mia carriera che ricordo con molto piacere. Vedo che oggi c’è più serenità tra le parte coinvolte e anche una migliore collaborazione: si lavora per un progetto comune”.
Gli anni da giocatore che non dimenticherai mai?
“Sono quasi tutti legati al Bellinzona, lo spogliatoio, la promozione in LNA, la finale di Coppa svizzera, l’Europa”.
E da allenatore?
“Bella domanda! Il balzo in Promotion League con la U21 dello Young Boys l’ho vissuto bene, un po’ come le precedenti promozioni con il Team Ticino”.
Non sogni la panchina granata?
(Ride) “È una domanda che mi avranno fatto un milione di volte… Più che un sogno è un pensiero quello di allenare un giorno il Bellinzona. Sono convinto che prima o poi accadrà, spero di campare ancora qualche annetto…”.
Un identikit del Crus?
“I fatti parlano per lui”.
A Lugano dicono che è ora di prolungargli il contratto:
“Che fretta! Lasciamogli finire la stagione, adesso c’è la partitissima di Coppa: il rinnovo del contratto sarà probabilmente una formalità, penso che per Mattia sia l’ultimo dei problemi”.
Sarà una finale tosta:
“Il San Gallo è una delle formazioni più in forma del girone di ritorno, però è una partita di Coppa secca, non ci sarà una gran differenza tra forma e non forma. Vince chi ha più forza mentale e magari un pizzico di fortuna. Fino a Natale loro si trovavano in basso alla classifica, durante la pausa hanno fatto diversi innesti e ora stanno giocando un calcio spumeggiante. È un avversario che va affrontato con le molle ma Croci Torti li conosce bene e sa come preparare la sfida”.
All’ombra dei tre castelli si tifa invece per ritorno dei granata in Challenge League. Sarebbe una gran bella soddisfazione per chi si è adoperato alla rinascita dell’ACB:
“È quello che ci si augura, il Bellinzona ha una storia alle spalle, gode di una piazza tra le più calorose. Merita di tornare nell’élite del nostro calcio. Ma bisognerà anche pensare un po’ più in là, a medio termine, perché per la Challenge è necessario disporre di uno stadio, neanche tanto spazioso ma che risponda alle direttive della SFL (non di sicuro un mega stadio come aveva in testa di costruire a Castione l’ex presidente Gabriele Giulini, ndr): prima o poi per potersi stabilizzare a un certo livello sono fondamentali delle infrastrutture efficienti. Oggi come oggi l’auspicio è naturalmente quello di superare il Breitenrain e di ottenere la licenza (per la quale non dovrebbero comunque esserci problemi, ndr)”.