OFFSIDE
Uno così a Chicago non ce l'hanno
Il Crus porta il Lugano in Europa: primo titolo europeo per la nuova proprietà
Pubblicato il 15.05.2022 15:56
di L.S.
Piange, come non lo avevamo mai visto fare. Anzi, a pensarci bene, non lo avevamo mai visto piangere.
Viene da piangere anche a noi, perché immaginiamo, sentiamo ciò che può provare. Quello che ha dentro, le emozioni che gli frullano per la testa.
Davanti a tutta quella gente felice, che si abbraccia, che sventola bandiere.
Croci-Torti lo aveva detto: voglio vincere anche per loro. Perché fare felice gli altri, rende felice.
Solo a fine partita, su quella panchina, il Crus dev’essersi reso conto di quello che ha fatto. Di dove è arrivato. Con l’aiuto del suo staff certo, ma pur sempre da solo.
Perché un allenatore, anche quando è in buona compagnia, è sempre da solo. Con le sue scelte e le sue responsabilità.
Avevano detto che stava sbagliando a caricare troppo l’ambiente, a dire continuamente di essere pronto e di avere più voglia di vincere dell’avversario.
Ha avuto ragione lui, sapeva che i suoi ragazzi erano forti, che li aveva preparati bene. Da tempo, da quando la società gli ha dato fiducia. Da quel lontano 2 settembre.
Sembrava una “boutade”, uno scivolone comunicativo, quando alla prima conferenza stampa parlò della Coppa Svizzera, del sogno da bambino di giocare una finale, di alzare il trofeo in piazza davanti ai suoi tifosi.
Lo ha detto e lo ha fatto. Come nemmeno i grandi allenatori si azzardano a fare. Lui che materialmente il patentino non ce l’ha ancora. C’è da sorridere a  pensarci.
Il Crus ha esperienza da vendere, ha “rubato” il mestiere agli allenatori con cui ha lavorato e con sapienza ha dosato intelligenza e furbizia. In due parole, la sua capacità di leggere gli uomini. Di capire cosa possono dare.
E oggi la Coppa è anche e soprattutto sua. Di un ragazzo ticinese, che ha il calcio nelle vene e che ha sempre una parola buona per tutti. Senza ruffianeria, ma con la consapevolezza di essere un privilegiato, di essere una persona che può fare il lavoro più bello del mondo. Con quel sorriso vero stampato in faccia, che ti fa venir voglia di dargli un abbraccio. E mentre glielo dai, lui abbassa la testa e ti ammolla una stretta sincera e vigorosa. Senti che è uno vero.
Ha ancora un anno di contratto e sarebbe bello che la società, dopo un successo del genere, gli rinnovasse la fiducia. Subito. Anche perché il Crus può veramente diventare quell’uomo capace di costruire qualcosa di importante negli anni a venire, l’uomo giusto a cui affidare il progetto del Lugano del futuro. Quel collante ideale che sa mettere tutti d’accordo.  
Se ne saranno accorti anche a Chicago, dove sembra che uno così non l’abbiano ancora trovato.