CALCIO
Derby scudetto all'ultima curva
Il Milan parte da un +2 e andrà a Sassuolo: l'Inter attende la Sampdoria a San Siro
Pubblicato il 21.05.2022 11:50
di Silvano Pulga
Ci siamo: domani si concluderà la Serie A, il massimo campionato della vicina Penisola, che appassiona anche tanti ticinesi. La lunga volata tra le milanesi è giunta all’epilogo, con il Milan che è entrato in vantaggio nel rettilineo finale. Basterà? Secondo il freddo calcolo delle probabilità, sì. Ma, ovviamente, il calcio non risponde a questo tipo di deduzioni matematiche. Quindi, ognuno spera, a modo suo.
L’Inter ha fatto una grande stagione. Nonostante si fosse decisamente indebolita, facendo partire i suoi due giocatori migliori, perdendo un talento come Eriksen, il tecnico e il preparatore atletico del trionfo della passata stagione, la compagine nerazzurra ha conquistato due trofei (Supercoppa e Coppa Italia) ed è alla viglia della possibile conquista del titolo più ambito: un triplete tricolore, un tripletino diciamo. La grandezza dell’impresa sarebbe averla fatta con una squadra più debole di quella dello scorso anno, e in rimonta finale sui rivali cittadini. Simone Inzaghi restituirebbe all’Inter ciò che le aveva sottratto il 5 maggio 2022, vent’anni fa: insomma, una pagina di calcio da incorniciare, al di là dell’aspetto, tutt’altro che simbolico, che questa vittoria significherebbe anche la conquista dell’agognata seconda stella.
A opporsi a tutto questo, il Milan. Partito da comprimario, con una rosa profonda ma con diversi buchi in organico, ha perso per strada un giocatore fondamentale come Kjaer, senza praticamente mai contare, in campo, su Zlatan Ibrahimović, al netto delle decine d’infortuni muscolari della prima parte, frutto, probabilmente, anche di un’errata preparazione fisica. Nonostante questo, i rossoneri si presentano al fischio d’inizio dell’ultima giornata, avanti di due punti, padroni del proprio destino. Un risultato insperato solo tre mesi fa, con due finali possibili: l’ebrezza della vittoria o l’amarezza di una beffa atroce, il cui sapore è peraltro ben conosciuto da chi, come noi, si è sentito dire dall’impiegata del dicastero competente che no, non poteva più scrivere “scuri” alla voce “colore capelli” del documento d’identità, all’atto del rinnovo del medesimo.
Respiriamo calcio da decenni, come scrivevamo sopra, e non contiamo neppure più le occasioni nelle quali ci siamo trovati a vivere vigilie come questa. Però, questa volta, è diverso: sembra quasi che, dopo dieci anni dall’ultima vittoria (con tutta la buona volontà, la Supercoppa vinta qualificandosi non da vincitrice, ma da finalista della Coppa Italia non lo è) non si sia più pronti a vivere queste giornate. Il sentimento prevalente da parte nostra è l’incredulità unita, però, alla consapevolezza che un fallimento sarebbe epocale, e avrebbe un peso molto, molto più importante di una vittoria. I campionati si vincono tutti gli anni; ma accade solo poche volte, nella storia di un torneo, di perderli all’ultima giornata. Non solo: c’è la sensazione che questo gruppo abbia raggiunto, quest’anno, un equilibrio irripetibile, nonostante tutto quanto scritto sopra. Poi c’è il fattore di aver messo alle spalle squadre con rose più importanti, penalizzate da una stagione storta per vari motivi. Per farla breve: la squadra che perse a Istanbul era fortissima, e si regalò infatti la rivincita due anni più tardi. Ci fu amarezza, ovviamente: ma unita alla sensazione che ci si sarebbe potuto riprovare in tempi brevi, come avvenne. La sensazione, a questo giro, è invece che, se i ragazzi di Pioli dovessero fallire l’obiettivo, difficilmente ci potranno riprovare il prossimo anno. Ecco, sommate tutto questo, e avrete il perché non siamo più pronti per queste cose. Oltretutto, Milano domani sarà invasa dai cugini, il Milan sarà in trasferta, come quella maledetta domenica del 1973. Era maggio anche allora: ma, se dovesse davvero accadere, chiuderemmo finalmente i conti con la stagione 1970/71, che fu quella della nostra prima volta a San Siro. Perché c’è la storia del calcio, e poi la memoria del tifoso. Selettiva, implacabile. Ecco, domani un’eventuale vittoria potrà cicatrizzare una ferita che sanguina da più di mezzo secolo; oppure, se ne aprirà un’altra. Ma siccome non sarebbe l’unica, tireremo avanti: perché il bello del tifo e che si guarda sempre alla stagione successiva. E non si smette mai di sperarci, sotto sotto, come ben sa anche il direttore