Allora bon, se è così tanto vale arrendersi anche noi poveri
romantici. Se pure McDonald batte Agamenone, il tizio che già aveva vissuto
qualche patema davanti a Troia per la cornutaggine del fratello, davvero è il
momento del trapasso. Del resto, McDonald ha costruito un impero ben più grande
di quello acheo, con qualche morto violento in meno in battaglia, ma molti di
più per mano del vile Colesterolo, il dio delle ostruzioni. Il trono di
Agamenone, già vacillante ai suoi tempi, ora è definitivamente perso in quattro
set, una battaglia meno gloriosa e più dolorosa dei dieci anni a Ilio.
Probabilmente McDonald ha lasciato la Russia non per
sanzionarla, ma perché vedeva scorci di immortalità nella sfida di Parigi
contro l’Eroe omerico. Non è stata una tenzone ad armi pari, leggasi racchette,
e l’intervento divino di Zeus a protezione del suo Eroe nulla ha potuto contro
i cheeseburger a lunga gittata che l’altro scagliava direttamente dalla cucina,
in un nugolo di patatine e ketchup.
Non è bastato ad Agamenone l’abbrivio da sbarco, l’effetto
sorpresa come sotto le mura di Troia: 6-1 al primo set, forse perché la cucina
di McDonald non aveva ancora scaldato piastre e forni. Nelle altre tre
frazioni, la maggiore esperienza internazionale dell’americano nel gestire
padelle e racchette (che in fondo sono la stessa cosa) ha fatto la differenza
contro le palle tagliate dell’Eroe, commovente nell’appigliarsi alla forza
mediterranea delle idee, ma soccombente nonostante l’orgoglio di un paio di vani
break. Perdendo perfino una enne.
Parigi, che è sempre un po’ puttana come la cognata di
Agamenone, ha salutato la vittoria di McDonald gettando al macero secoli di
cucina raffinata per ingurgitare zampette di topo avvolte di cipolle
petrolifere. È la fine di un’era, care signore e signori.