La prima sensazione che abbiamo avuto, ascoltando Joe Mansueto, è che
incarna molti degli stereotipi (positivi, in questo caso) sugli uomini d’affari
statunitensi. Uno di questi è la pragmaticità e la capacità di programmare a
lungo termine: quando gli è stato chiesto come mai non è venuto a Berna per la
finale di Coppa svizzera, dopo che aveva parlato delle emozioni che gli ha
regalato questa vittoria, vissuta tramite collegamento streaming dagli USA, la
risposta è stata molto laconica: “Questo viaggio era previsto da molto
tempo”.
Il messaggio è stato chiaro: questo è un lavoro a lungo termine, dove si
programmano le cose “Step by step”, ma senza nessuna improvvisazione:
del resto, la tecnologia consente di essere dovunque. E crediamo che questa
piccola frase sia la chiave di volta per capire cosa sta dietro tutto questo
lavoro che, va detto, è ancora solo agli inizi, anche se ha già regalato un
trofeo che, da queste parti, mancava da decenni.
Joe Mansueto ha grandi doti comunicative: ha risposto per oltre un’ora alle
domande dei cronisti presenti, ma si capiva che dietro c’era un grande lavoro
di studio del dossier FC Lugano. Ci era stato chiesto di non fare domande di
carattere strettamente calcistico: ma è stato il proprietario del club a
dimostrare di avere una visione chiara dei giocatori, del loro potenziale, e
lui ne ha descritto le caratteristiche tecniche: insomma, ha fatto vedere di
essere uno che le partite le guarda, al di là dell’ovvia narrazione che viene
fatta in questi casi. Ma, tutto sommato, non è stata questa la parte più
interessante della conferenza stampa.
Di rilievo, la conferma che quello del suo gruppo nel calcio è un impegno a
lungo termine. Si è ipotizzato, in un domani ancora indefinito e lontano, anche
la possibilità di un’altra acquisizione europea; tuttavia, per ora il focus è
concentrato sulla Svizzera. L’imprenditore statunitense si aspetta moltissimo
dalla sua creatura elvetica: ha avuto una buona impressione dei municipali, da
lui incontrati in questi giorni, ed è convinto che il nuovo stadio sarà il
volano di una crescita che porterà il club a livelli di eccellenza, nel giro di
qualche stagione. Senza correre, con un piano calibrato. Del resto, il concetto
di progetto sportivo, negli USA, ha tempi decisamente differenti da quelli
europei: Joe Mansueto ce lo ha dimostrato, parlando dei Chicago Fire. Ecco, la
cosa importante sarà riuscire a comprendere queste dinamiche, differenti
rispetto alle nostre, che siamo abituati a veder saltare panchine dopo 3
settimane consecutive di risultati negativi. Comunque, uscendo dal LAC, la
sensazione è stata quella che, ancora una volta, avesse ragione Renzetti quando
diceva che il suo più grande successo è stato quello di aver ceduto la sua
creatura all’uomo d’affari statunitense. Le cose, attorno a noi, stanno
cambiando, a partire dallo stile dell’organizzazione degli eventi: e il sorriso
di Joe ci ha conquistati. Soprattutto, in un mondo come quello del calcio,
popolato da squali e avventurieri, vedere persone con una sguardo a lungo
termine, e intenzionate a investire in infrastrutture sportive, che resteranno
alla città, non può fare che bene.
(Joe Mansueto ieri al LAC, nella foto Putzu)