Questa è stata una di quelle settimanelle riempite di
sciocchezze, come sempre accade nei periodi di crollo dei sensi. Ci si prova
con quella cosa chiamata Nations League, un torneo inutile per non dire
dannoso, nel quale l’essere umano Sapientone inserisce titoli, promozioni,
relegazioni, tanto per preoccupare ulteriormente chi si è sciroppato mesi di
partite infinite, sciamannate da calendari impossibili dai quali cadono tutti i
santi del calcio per sovraffollamento. Alla mercificazione non c’è mai fine.
Solo che quando non si corre più con le gambe è ovvio che ci si affidi alle
parole e agli esperimenti più surreali.
S’è cominciato con la Finalissima, con l’Argentina a
mangiarsi l’Italia, a sua volta impegnata nei distinguo sul “La passo indietro
o vado indietro io?” e la pretesa di essere ancora al centro dei pensieri dopo
essere stata frullata tempo fa dalla Macedonia del Nord (neanche tutta, solo
quella del Nord, pensa). Intanto che Mancini e compagni affondavano, riemergeva
l’idea che l’Italia dovesse sempre andare ai Mondiali, per diritto divino o
almeno per ripescaggio, trascinati tutti i peninsulari dal vaticinio di Roberto
Baggio (quello che sbagliò il rigore a Pasadena, che si dà al buddhismo mentre
va a caccia in Sudamerica).
In Elvezia non va tanto meglio. Dopo la figuretta da
fighetti a Praga, è partita la solita solfa anti-Xhaka, quella che sono meglio
Sulser, Sutter, Butter, Bitter e Twitter, e viva i Schär che svirgolano e
inciampano in un augenBlick ma almeno sono da Grütli.
Per fortuna in questo orrendo periodo da fine anno ci sono
un paio di cose notevoli. Una: il Gnonto che da panchinaro dello Zurigo incanta
l’Italia (ma permettete: com’è che Marchesano non trova posto in Nazionale, lui
che dello Zurigo è stato il cervello e il cuore?). Due: il Someo che chiude
l’annata in grigliatone, dopo averla aperta con la storica partita di Coppa
Svizzera contro l’Aarau.
Ancora un paio di giorni a delirare calcio da traveggole,
poi sotto con il deserto da attraversare fino a metà luglio e oltre, con il
calciomercato dei pazzi al quale ci aggrapperemo come a un tronco nella
burrasca dei dissidi familiari gridando “Poveri noi!”.