Non avevamo bisogno che la grande stampa della vicina Penisola ci
dicesse chi è Degnand Wilfried (Willy) Gnonto, attaccante classe 2003 dello
Zurigo, di scuola Inter. Non è presunzione, ci mancherebbe: semplicemente,
seguendo la Super League in maniera costante, abbiamo avuto occasione, più
volte, di vederlo giocare, dal vivo o nelle dirette televisive. Gli abbiamo
posto un paio di domande, al termine della partita giocata dallo Zurigo a
Cornaredo poche settimane fa, e ne abbiamo tratto un'ottima impressione, anche
dal punto di vista caratteriale: ci ha fatto piacere, perché ne avevamo scritto
alcuni mesi fa proprio qua, confrontandolo con il più famoso Esposito (con il
quale ci ha detto di avere un ottimo rapporto di amicizia), sbarcato quest'anno
invece a Basilea, e abbiamo avuto conferma delle impressioni positive che
avevamo tratto dalla sua storia sportiva.
Questi, i fatti, che ogni appassionato di calcio in Svizzera, con
un occhio attento alla Super League, conosce. Willy Gnonto ha ben
impressionato, in un meccanismo (quello dello Zurigo) che quest'anno ha
funzionato alla perfezione, ma che ha visto protagonisti, soprattutto, attori
come Antonio Marchesano, Assan Ceesay, Tosin Aiyegun, Ousmane Doumbia
(per citare quelli che ci hanno impressionato di più). Dopodiché, questo
giovane (che non arriva dal nulla anche in Italia, visto che è il capitano
della U19), con le sue 33 presenze (1290' complessivi, considerato che è
subentrato in diverse occasioni dalla panchina), che hanno fruttato 8 reti e 3
assist, ha dimostrato di essere decisamente promettente, e con interessanti
margini di crescita. E non è un caso che un tecnico non banale come
Breitenreiter lo abbia utilizzato con intelligenza, inserendolo talvolta a gara
in corso per spaccare le partite, senza responsabilizzarlo troppo: perché
questo si chiede a un ragazzo di 18 anni. Di giocare, divertirsi e fare il
meglio possibile per la squadra. Missione compiuta, quindi, con tanto di titolo
sulle rive della Limmat, da dove mancava da lustri. Però, a uso (soprattutto)
di chi ci legge da oltre confine, e non ha mai visto una partita dello Zurigo
in questa stagione, i grandi artefici della vittoria sono stati altri, come
abbiamo scritto qualche rigo sopra. E il primo a saperlo è proprio questo
ragazzo, che è venuto a Zurigo perché sapeva di arrivare in una grande città,
in una squadra di tradizione, in un campionato tutto sommato di buon livello
tecnico, pur non essendo magari al medesimo dei grandi tornei continentali ma
dove, soprattutto, avrebbe potuto esprimersi, imparare, allenarsi e giocare con
giocatori di spessore (uno su tutti Blerim Džemaili, che di esperienza
anche internazionale ne ha da vendere) e in palcoscenici prestigiosi, che
ospitano anche coppe internazionali (a Basilea e a Berna si gioca davanti a
30.000 persone, al Letzigrund quest'anno ce ne sono state in diverse occasioni 20.000, al netto di realtà partecipate come San Gallo e Sion: una bella
differenza con le serie minori italiane).
Tutto questo per dire cosa? Che ci stanno piacendo poco i titoli
che abbiamo visto sulla stampa sportiva della vicina Penisola. Il ragazzo ha
giocato (bene) uno scampolo di partita, ha messo a segno un assist
interessante, ma con la difesa germanica quantomeno distratta. Il che,
intendiamoci, fa ben sperare gli sportivi e gli appassionati d'oltre confine, e
ci può stare. Noi queste speranze le abbiamo da tempo, considerando che, a
questo ragazzo, abbiamo visto fare ben altro, durante la stagione appena
trascorsa. Tuttavia, bisogna rimanere tutti con i piedi per terra, a partire
dal giocatore, il quale, pur essendo sano, rischia di venire travolto (ha solo
18 anni). Il suo valore di mercato, che lo scorso anno era di 2 milioni di
franchi, oggi è a quota 6 (fonte Transfermarkt): non sappiamo se sia davvero un
bene per lui, anche se il presidente Ancillo Canepa la penserà
diversamente.
Per concludere, crediamo che questa febbre da Gnonto sia più che
altro una spia del livello in questo momento del calcio in Italia: si sta
letteralmente navigando a vista, e non si ha l'esatta percezione del materiale
umano disponibile. Addetti ai lavori (stampa compresa) i quali hanno a
disposizione tutti gli strumenti possibili, da Wyscout in giù, che cadono
letteralmente dal pero vedendo in azione per poche decine di minuti un attaccante
che è comunque il capitano della U19 azzurra, e che gioca in una squadra il cui
stadio dista, seppure oltreconfine, poco più di due ore e mezza di treno da
Milano. In definitiva, il calcio italiano è ancora nel tunnel. E non sappiamo
se, a salvarlo, possa essere un ragazzo che gioca oltre Gottardo: ecco, lui
dalla galleria è uscito. Ma adesso, per il suo bene, lasciamolo tranquillo, e
facciamogli fare la cosa che gli riesce meglio: giocare e divertirsi.