È
acclarato: i conti nel calcio non tornano e sono fuori controllo. I
costi di una grande squadra sono esorbitanti e aumentano a dismisura.
Anni addietro l'Uefa ha cercato con il Fair Play Finanziario di
mettere un freno a questa tendenza e rendere più equilibrato il
gioco. Ma tutto inutile. Un nuovo protocollo entrerà tra poco in
vigore: ma, ancora una volta, lo strumento pecca di efficacia e
niente cambierà.
Le
società sono come delle aziende, ma la loro gestione economica è
irrazionale. Nessuna società può sopravvivere se il costo del
lavoro, ingaggi allenatori e allenatori, è pari al 70% dei ricavi. I
debiti sono certi e assicurati.
Il
calciomercato è appena cominciato e via ad acquisti milionari.
Giocatori normali o con potenzialità tutte da dimostrare
stravalutati.
L'anno
scorso il City si assicurò Jack Grealish, mica Garrincha, per una
cifra che sfondò i 100 milioni di euro. Ora gli inglesi hanno deciso
che è meglio giocare con un centravanti, ecco Haaland e quasi la
stessa spesa sostenuta.
Il
Real, negli scorsi giorni, ha prelevato dal Monaco Aurelien
Tchouameni di anni 22, valutato 100 milioni, è un centrale. Ha,
però, rinnovato il contratto anche a Modric, sarà interessante a
fine anno contare chi avrà giocato più partite.
Il
Liverpool necessitava di un nuovo attaccante. Il prescelto è
l'uruguaiano Darwin Nunez, somma stanziata: 100 milioni di euro.
Erano
altri tempi, ma, negli anni Ottanta, il Barcellona acquistò Maradona
per 12 miliardi di lire, che poi fu venduto al Napoli per 13
miliardi.
Nel
1987 Van Basten diventò rossonero per la somma di 2 milioni di
franchi. Nel 1996 la Juve investì 7,5 miliardi di lire e tesserò Zidane. Nel giugno del 1997 Moratti portò a Milano Ronaldo, quello
vero. Versò al Barcellona una clausola rescissoria pari a 48
miliardi di lire. E il Fenomeno vestì di nerazzurro.
Il
resto seguirà: l'umano non ha limiti, li raggiunge e li supera.