Calcio
La partita del secolo
Il 17 giugno del 1970 Italia e Germania diedero a vita a un incontro epico
Pubblicato il 17.06.2022 10:00
di Angelo Lungo
Gli anni Settanta partirono come provocazione, volevano essere rivoluzionari, diventarono decadenti. Furono preceduti dagli anni Sessanta, quelli dello sviluppo e della speranza; furono seguiti dagli anni Ottanta, quelli effimeri e voluttuosi.
Irruppero i giovani. Mettevano in discussione la Legge del Padre: intendevano sovvertire e demistificare. Si anelava un mondo libero. Si contestava la famiglia: considerata un coacervo di ipocrisie.
Il calcio era già un rito sociale. Imperava la stampa scritta. I giornalisti erano cantori, cesellatori del paragrafo, stimolavano l'immaginazione e riportavano imprese e gesta in maniera immaginifica.
La radio era popolare. Invadeva tutte le case. Le partite erano una celebrazione laica.
E arrivava la televisione, che cominciava a segnare il campo. Si stava passando dal bianco e nero ai colori.
Jannacci cantava “Messico e nuvole” e proprio nel continente americano si tenevano i Mondiali.
Il 17 giugno 1970, allo stadio Azteca di Città del Messico, andò in scena la semifinale tra Italia e Germania. Il 4-3 più famoso della storia, una partita, che finì ai supplementari, divenuta epica. Sbloccò l'incontro Roberto Boninsegna, detto Bonimba, all'8' del primo tempo. Secondo le cronache i 90 minuti furono noiosi. A tempo scaduto pareggiò Karl-Heinz Schnellinger, era un difensore, si stava avviando verso lo spogliatoio, si trovò in area e segnò. Iniziarono i tempi supplementari e l'incontrò diventò storico. Il gol decisivo lo realizzò Gianni Rivera, detto l'Abatino, insultato, pochi minuti prima, da Albertosi perché non aveva coperto il palo sul gol del 3-3 di Gerd Müller. Franz Beckenbauer giocava con una vistosa benda alla spalla, vittima di un serio infortunio.
In finale gli azzurri furono poi sconfitti dal Brasile di Pelé per 4-1. Fu l'ultima edizione a chiamarsi Coppa del Mondo Jules Rimet. I sudamericani si aggiudicarono il trofeo, poiché era il loro terzo trionfo. Dall'edizione successiva la dicitura divenne: Coppa del Mondo FIFA.
Certo come cantava Roberto Vecchioni erano: “Bei tempi”.
Ma lo scrittore Milan Kundera ci rammenta che: “Il tempo umano non ruota in cerchio ma avanza lento in linea retta. È per questo che l'uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio di ripetizione”.