CALCIO
"Tornerei volentieri ad allenare in Svizzera..."
Parla Stefano Maccoppi dopo l'avventura in Bulgaria
Pubblicato il 24.06.2022 08:08
di Enrico Lafranchi
Dove va ad allenare Stefano Maccoppi c’è sempre la vittoria della professionalità. E anche dell’umiltà. L’ex rossoblù (Chiasso ultima stazione ticinese in panchina) alcune settimane fa aveva accettato e affrontato con grande coraggio una sfida degna della saga cinematografica che ha avuto in Tom Cruise il grande protagonista. La missione era veramente di quelle impossibili, salvare dalla retrocessione la formazione del Tsrasko Selo di Sofia che militava in serie A. Militava, appunto, perché nonostante i bulgari siano scesi in campo con la rabbia in corpo mostrando di essere meritevoli di mantenere la categoria l’impresa è stata solo sfiorata dal tecnico milanese che è comunque riuscito a trasmettere il suo credo calcistico a una squadra che si è battuta sino all’ultima giornata con grande furore agonistico.
Stefano sino a settimana scorsa era tra i candidati alla panchina del Bellinzona, qualcuno lo aveva dato in pole position, lui ovviamente ci sperava tanto. L’interessamento della società granata, ci aveva confidato alcuni giorni fa, era il massimo che si era augurato, in quanto desideroso di tornare a lavorare in una squadra e in un club galvanizzati dall’entusiasmo per la promozione in Challenge League. Le cose sono andate diversamente, ma rimane viva in lui la speranza che gli si possano aprire di nuovo le porte da qualche altra parte, comprese quelle del calcio giovanile che è praticamente sempre stato un suo autorevole biglietto da visita, soprattutto in Romandia. Intanto, in attesa di news (nel calcio cambia tutto e in fretta), gli chiediamo di fare il punto sul suo ‘periodo bulgaro’ che ha vissuto con legittimo orgoglio ma anche con sacrifici personali non indifferenti.
L’operazione salvezza purtroppo non è riuscita: sei rammaricato?
“La sfida era molto difficile, però abbiamo fatto sì che ce la giocassimo sino alla fine. Sono dispiaciuto perché si era creato un bel gruppo di giocatori che strada facendo, grazie anche ai risultati, si sono cementati alla grande. Oltretutto nei Playout siamo risultati la squadra che ha fatto più punti, i ragazzi sono stati veramente bravi”.
Vi sono venuti a mancare tanti punti?
“Neanche uno! Sono stati gli scontri diretti che ci hanno condannato”.
È stata per davvero una sfida:
“Beh, mi sono sempre piaciute molto le sfide impossibili! Che lo fosse anche in Bulgaria l’avevo intuito già al momento in cui mi era stata proposta questa avventura. Siamo partiti da – 11 punti con due partite contro CSKA e Ludogorets che praticamente ci potevano ammazzare subito. Invece le abbiamo pareggiate e da lì via è stata una cavalcata superlativa sino alla penultima giornata dove abbiamo raggiunto a parità di punti i nostri avversari diretti del Botev. La salvezza ce la siamo dapprima giocata in casa loro, purtroppo non siamo riusciti a batterli. Saremmo però retrocessi anche vincendo il retour-match in virtù del vantaggio che loro avevano acquisito negli scontri diretti”.
Un’esperienza che ti ha comunque arricchito:
“Moltissimo, ogni esperienza mi porta a un arricchimento non solo in ambito calcistico ma anche a livello umano e culturale. Sono in una fase della mia carriera in cui ho acquisito molte conoscenze nelle gestioni di campo”.
Sotto quali aspetti?
“Sicuramente nella conduzione delle risorse umane e nelle tensioni che un allenatore deve prendersi evitando di riversarle sul gruppo”.
Puoi farci un esempio per capire bene?
“La prima settimana c’erano giocatori che tra loro si odiavano. È il termine esatto! Incredibile come si percepivano queste tensioni e quanto peso avessero”.
Come è finita?
“Durante la serata che ci ha riuniti tutti insieme per salutarci è scaturita la vera essenza che nel calcio, e nello sport in generale, i rapporti rimangono e saranno poi quelli che ognuno si porterà dietro con sé”.
Veniamo in Svizzera. Sappiamo che hai sempre avuto un occhio di riguardo per i club della Svizzera francese: sorpreso dei cambi di panchina a Yverdon, Stade Losanna, Nyon e Vevey?
“Ormai sono all’ordine del giorno, non ci faccio più caso. Una società dovrebbe tuttavia essere bene in chiaro sul percorso che vuole fare con il proprio allenatore, quale crescita intende intraprendere e perché sceglie un determinato mister invece che un altro. A volte ci si azzecca, a volte no. Succede anche a noi! Ci sono allenatori che vanno bene in quella squadra piuttosto che in un’altra: siamo esseri umani, non macchine!”.
I giochi sono fatti un po’ ovunque, ma questo non esclude che qualche porta si possa riaprire in corso di stagione: fiducioso?
“Mi piacerebbe molto tornare a cavalcare la scena elvetica, se del caso anche nella Svizzera interna. Da voi si lavora molto bene nei Settori giovanili, i giovani hanno sicuramente contribuito ad innalzare il livello dei vari campionati. Non ci sono in effetti più grandi differenze con le realtà di altri Paesi, anche di quelli che vanno per la maggiore. Tanto di cappello alla Swiss Football League e all’ASF”.