CICLISMO
Da campione a panchinaro del Tour
La triste traiettoria del ciclista elvetico che soltanto due anni fa faceva faville
Pubblicato il 29.06.2022 08:55
di Giorgio Genetelli
Marc Hirschi non andrà al Tour de France, la sua squadra non l’ha convocato (è la UAE guidata da Mauro Gianetti, semplificando le cariche). Nel 2020 correva ancora per la Sunweb e nel Tour di quell’anno si mostrò al mondo con tecnica coraggio fughe e vittorie, insignito anche con il Premio della Combattività. Si piazzò terzo al Mondiale di Imola. Tanto fulgore da divenire oggetto di mercato, finendo appunto alla UAE dove già brillava la stella assoluta di Pogacar. Come dire che dall’Aston Villa passi al Manchester, City o United che sia. Un salto di qualità che può portare a due scenari: diventi una star o finisci in panchina. Hirschi è scivolato subito nel ruolo di gregario, indi portaacqua di lusso e infine delusione, che l’amico Stefano Ferrando mi ha giustificato con le occasioni perse quando era leader designato di qualche corsa. Quest’anno spicca, ma neanche tanto, un nono posto alla Liegi (sempre nel brillante 2020 fu secondo), e poi due vittorie in corsette regionali.
Due anni di delusioni, sia sue che dei tifosi.
Anonimo e sbiadito, che sono il peggio in un mondo spettacolare e luccicante. Come nell’ultimo Tour de Suisse, senza un solo lampo e poi bloccato anche dal covid. Hirschi ha rinunciato anche ai campionati svizzeri e dunque dal primo di luglio starà a guardare gli altri che godranno delle fatiche e della gloria alla Grande Boucle.
Dal mio punto di vista, l’appassionato da divano con la bici bucata in garage, e quindi un quasi nulla, ho un dubbio che mi arrovella e pongo dunque una domanda: Hirschi, che ha talento da vendere, si è montato la testa o è stato gestito male dalla sua supersquadra? Se nessuno mi darà una risposta, me la cercherò da solo.