Una giornata di volatili: Djokovic che fa l’aeroplano a
terra dopo un colpo impossibile, Van Aert che sul traguardo di Calais apre le
braccia e fa il gabbiano. Lasciamo da parte il tennista e guardiamo al
ciclista. Azione straordinaria, concertata di squadra con una rampa di cento
metri divorata con una potenza spaventosa. E per far contenti direttori
sportivi e manager, che seguono tutto come cimici, merito anche delle oreillettes,
che il belga in maglia gialla si aggiusta nel pieno del tornado. Cosa faremmo
senza di loro, le oreillettes? Mah, forse il Merckx, forse l’Hinault, il Cannibale
e il Tasso, categorie che non ascoltano nessuno e azzannano. Forse Van Aert non
avrebbe scatenato la sua potenza senza le cuffiette a dirgli “vai!”. Come se un
ciclista non andasse già di suo, come se non avesse più l’istinto animale e
bisognasse aprirgli la porticina, come al gatto.
La prova dell’ineludibilità dei marchingegni è il festante
Philipsen che si aggiudica la volata per il secondo posto con una grinta da
gara della vita e con lui che esulta in modo eclatante perché pensa sia primo.
Un compagno di Van Aert, due metri dopo il traguardo, gli fa notare con il
ditino che “guarda che davanti ne è già arrivato uno”. Philipsen dirà poi che
la radio non funzionava e nelle oreilletes non è arrivato nessun messaggio,
neanche una canzoncina dei Righeira.
Sarà interessante vedere se oggi la radio nelle orecchie
funzionerà o se gli scossoni del pavé di Arenberg spezzeranno i fili. Speriamo
di no, altrimenti ci sarà una gara tra le ammiraglie per portare notizie di
persona, pronte a travolgere i quasi estinti tassi e cannibali.