CICLISMO
Oreillettes forever
La tecnologia spinge i corridori a scattare a comando: si perde così l'istinto?
Pubblicato il 06.07.2022 08:10
di Giorgio Genetelli
Una giornata di volatili: Djokovic che fa l’aeroplano a terra dopo un colpo impossibile, Van Aert che sul traguardo di Calais apre le braccia e fa il gabbiano. Lasciamo da parte il tennista e guardiamo al ciclista. Azione straordinaria, concertata di squadra con una rampa di cento metri divorata con una potenza spaventosa. E per far contenti direttori sportivi e manager, che seguono tutto come cimici, merito anche delle oreillettes, che il belga in maglia gialla si aggiusta nel pieno del tornado. Cosa faremmo senza di loro, le oreillettes? Mah, forse il Merckx, forse l’Hinault, il Cannibale e il Tasso, categorie che non ascoltano nessuno e azzannano. Forse Van Aert non avrebbe scatenato la sua potenza senza le cuffiette a dirgli “vai!”. Come se un ciclista non andasse già di suo, come se non avesse più l’istinto animale e bisognasse aprirgli la porticina, come al gatto.
La prova dell’ineludibilità dei marchingegni è il festante Philipsen che si aggiudica la volata per il secondo posto con una grinta da gara della vita e con lui che esulta in modo eclatante perché pensa sia primo. Un compagno di Van Aert, due metri dopo il traguardo, gli fa notare con il ditino che “guarda che davanti ne è già arrivato uno”. Philipsen dirà poi che la radio non funzionava e nelle oreilletes non è arrivato nessun messaggio, neanche una canzoncina dei Righeira.
Sarà interessante vedere se oggi la radio nelle orecchie funzionerà o se gli scossoni del pavé di Arenberg spezzeranno i fili. Speriamo di no, altrimenti ci sarà una gara tra le ammiraglie per portare notizie di persona, pronte a travolgere i quasi estinti tassi e cannibali.