GIORNALISMO IN LUTTO
"Non l'ho mai sentito parlare male di nessuno..."
Jacky Marti ricorda l'amico Sergio Ostinelli: una vita assieme e tanti ricordi che riemergono
Pubblicato il 11.07.2022 10:39
di L.S.
La scomparsa di Sergio Ostinelli all’età di 77 anni ha suscitato profondo cordoglio in tutto il Ticino e specialmente nel mondo del giornalismo.
Ostinelli, assieme a un altro mostro sacro come Tiziano Colotti, ha marcato un’epoca indimenticabile della nostra vita.
Tutti si ricordano le sue radiocronache/telecronache, con quella voce inconfondibile e il linguaggio forbito. Mai oltre le righe, sempre con competenza e puntualità.
Chi lo conosceva bene è Jacky Marti, suo collega per tantissimi anni.
“Sergio è stato un collega e un amico, compagno di tante radiocronache per una vita. C’è praticamente sempre stato, da quando ho cominciato finché ho smesso. Di lui ho sempre apprezzato la lealtà e la correttezza, oltre alla pacatezza e all’equilibrio. In 40 anni non l’ho mai sentito parlare male di qualcuno: era uno che cercava sempre di giustificare, capire e dare una spiegazione a tutto. Mai polemico o pungente, ma sempre mediatore”.
A livello professionale, che giornalista era?
“Ho visto che in tanti lo hanno già scritto, ma voglio ribadire la sua professionalità e meticolosità, era rigoroso e competente. Si preparava sempre tantissimo, dotato di grande onestà intellettuale e sempre sopra le parti. A volte facevo quasi fatica a capirlo tanto parlava veloce nelle sue telecronache: aveva questa ricchezza di linguaggio e vocabolario che gli permetteva di essere una specie di “macchinetta”. Cercava di non far trasparire troppo le emozioni, a volte restava anche un po’ freddo e meccanico, ma il tutto sempre legato a una grande professionalità”.
Fuori dal lavoro che persona era?
“Era una persona curiosa, voleva sapere tutto di cultura, letteratura, arte e musica. E un po’ a sorpresa a volte lo avevo visto ai nostri concerti dell’Estival Jazz, magari in un angolo discreto e riservato, come nel suo personaggio. Era una persona che voleva sapere degli altri, conoscere chi gli stava davanti più che parlare di sé stesso. Non gli mancava però l’ironia: una volta organizzai una giornata a Rete 3 dedicata alla salvaguardia del dialetto, in cui abbiamo parlato tutto il giorno in dialetto, anche nel radiogiornale e in tutte le altre trasmissioni. Gli chiesi di fare un commento della partita di hockey Kloten-Lugano. I bianconeri stavano passando un periodo difficile e lui concluse il suo intervento dicendo “e dem a trà, se nem avanti inscì la sarà mia uncia”. È una frase che non dimenticherò mai”.
Un ultimo episodio?
“Abbiamo fatto tanto militare assieme nelle truppe della radio e ricordo un episodio purtroppo doloroso, quando eravamo a Berna vedemmo in TV il terribile incidente di Clay Regazzoni”.