I
ricordi arrivano all'improvviso. Sono gioia, dolore, melanconia o
mestizia. Suscitano un sorriso lieve e possono essere commoventi.
Sono l'emozione che diventano sentimento. Contribuiscono a costruire
un'identità.
La
memoria è la mente. Una precisa esigenza. Un valore etico. È la
ragione. Richiama il passato. È una dimensione privata e una
pubblica. È un ordine sia storico che sociale.
“Ho
vissuto 15 anni come un supereroe. E non lo sono. Adesso il mio mondo
sta cadendo a pezzi”. È la drammatica confessione di Ryan Jones,
41 anni, grandissimo giocatore di rugby del Galles, ne è stato
l'invincibile capitano tra il 2008 e il 2012.
I
medici gli hanno diagnosticato i primi segni di demenza e
un'encefalopatia traumatica cronica, una patologia progressiva
degenerativa del cervello. Gli esperti ritengono che sia uno dei
peggiori casi che abbiano visto. Troppi i colpi ricevuti in testa.
Jones
sente che tutto sta precipitando: “Sono spaventato. Ho tre figli e
un figlio adottivo e voglio essere il miglior padre del mondo. Invece
non so quello che il futuro ha in serbo per me”.
Una
carriera strepitosa, interrotta nel 2015. All'inizio ecco la
depressione. È dura tornare a una vita normale, dopo che per anni si
era al centro dell'attenzione.
Le
sue parole sono nette: “Sono il prodotto di un ambiente in cui
contano solo le performance e che è tutto incentrato sulle
prestazioni umane. Io voglio solo vivere una vita felice, sana e
normale, invece questa possibilità mi è stata portata via e non c'è
niente che posso farci”.
Lo
attanaglia la paura del futuro e la convivenza con una malattia
subdola e così precoce. Il terrore di perdere il “se” e non aver più la consapevolezza della propria esistenza.
Vuole
portare in Tribunale le massime istituzioni del rugby: “È come se
camminassero ad occhi chiusi in una situazione catastrofica e verso
il baratro, senza fare niente per evitarla”.
Senza
memoria non ci sono più filtri. Lo sguardo si perde, i volti non
sono più riconosciuti, tutto appare confuso e disordinato. È la
realtà sfugge verso un altrove ignoto e sconosciuto.
Lo
sport ad livello inganna e illude. Sottovaluta le debolezze
dell'umano, pretende prestazioni fisiche che non sono sopportabili.
Tutto
deve sempre continuare ed essere sempre giustificato.