Fosse
un'azienda normale il Barcellona dovrebbe portare i suoi libri
contabili in Tribunale. Il vicepresidente lo ha descritto come
“clinicamente morto”. Le cifre parlano chiaro: il debito ammonta
a un miliardo e 400 milioni di euro. Una situazione critica. In
Spagna, poi, è stato introdotto un tetto salariale molto rigido, i
controlli sul rispetto di questo parametro, da parte della Liga, sono
molto severi. Questo scenario dovrebbe costringere i catalani a
scelte obbligate in ambito economico-finanziario. Laporte è un
convinto sostenitore della Superlega, il torneo elitario avrebbe
garantito massicci introiti, considerati indispensabili.
Eppure
lo scenario sembra all'improvviso cambiato e il club ha deciso di
intervenire pesantemente sul mercato, troppi anni senza un titolo non
sono ammissibili.
Si
è partiti con l'ingaggio di due parametri zero: l'ex Chelsea
Christensen e l'ex Milan Kessié.
Poi
è stata messa a segno un'operazione molto onerosa: è stato
acquistato dal Leeds il centrocampista brasiliano Raphinha per 58
milioni più 9 milioni di bonus.
Ma
il colpo grosso è stato l'arrivo di Robert Lewandowski. Il polacco è
stato sedotto. I tedeschi per lasciarlo andare si sono accontentati
di 50 milioni di euro. Il valore del centravanti non si discute, ma
l'entità dell'esborso per via dell'età del giocatore, 33 anni, pone
molto dubbi.
La
domanda è la seguente: come può il Barcellona fare mercato?
Per
via di una serie di motivi.
Il
primo: too big to fail, è troppo grande per fallire. Nessun
creditore oserebbe mettere in mora il club. Le stesse banche, che
aprono generose linee di credito, non ci pensano affatto. I danni di
immagine presso i sostenitori sarebbero incalcolabili.
Il
secondo: è stato ripristinato un importante flusso di cassa,
rappresentato dagli incassi da stadio, interrotto durante la pandemia
e che consente di far fronte alle necessità impellenti.
Il
terzo: è quello più importante, i dirigenti hanno venduto una parte
dei diritti televisivi, per i prossimi 25 anni, al fondo “Sixth
Stree”. Una sorta di prestito. Riceve soldi subiti, cifra inferiore
a quella che incassa annualmente dalla televisione, poiché la
differenza spetta al fondo.
Così
va il calcio nel terzo millennio. E l'Uefa? Il nuovo protocollo
finanziario non cambierà nulla. La concorrenza tra i club per
accaparrarsi i giocatori è spietata: quasi illogica. I costi
crescono. Si oltrepassano limiti solo all'apparenza invalicabili.