Gli
anni Sessanta sono tumultuosi. La legge del Padre viene messa in
discussione. I giovani vogliono affrancarsi dalle pastoie di un
passato che ritengono stantio. Anelano libertà e indipendenza.
Considerano la borghesia ipocrita e materialista. Vogliono
sconvolgere le liturgie del vissuto imposto.
All’improvviso
sulla scena canora compare un inedito protagonista: il cantautore. È
un artista che diviene un tutt’uno con le sue canzoni: scrive le
parole, la musica e le interpreta. I testi hanno l’ambizione di
essere colti, ironici. Hanno lirismo e contengono precisi riferimenti
dello spirito del tempo. Sono canzoni che parlano di vita, di
nostalgia, di solitudine, di disagio, di potere e di amore che non
incede nello sdilinquimento. Temi forti affrontati con l’indole di
essere liberi e provocatori.
Edoardo
Bennato nasce a Napoli il 23 luglio del 1946. Cantautore e musicista
eclettico. Si forma durante gli anni Sessanta, conosce il successo
negli anni Settanta. Il meglio della sua arte lo esprime in
concerto. Sul palco si trasforma. Il suo talento lo porta a una
simbiosi con il pubblico. Il 19 luglio del 1980 è il primo italiano
a riempire lo stadio milanese di San Siro.
È
un artista dal valore indiscutibile. Introduce il rock nella musica
d'autore. Un irregolare che si muove continuamente. Non lo appassiona
il genere, lo cavalca e lo oltrepassa. Certo, nella sua produzione ha
rivolto lo sguardo al passato, ma poi si è sempre girato e lo ha
indirizzato verso l'orizzonte, quello a cui non si può non tendere.
Il suo stile è solo all'apparenza istintivo e irruente, dietro c'è
un pensiero raffinato, una costruzione concettuale. Mette alla
berlina la retorica nazionalista, la furbizia che vessa, il
formalismo del ceto medio, il conformismo ammantato di perbenismo. È
l'autorità il suo bersaglio: famiglia; scuola; stato; o chiunque
altro che si atteggi a dettare la morale.
Poi
ha anche divagato. La ricerca lo ha portato verso territori
complicati, con significati più difficili da cogliere. I tempi sono
divenuti complessi e le sfumature ingannano.
Rimangono
grandezza e coerenza di un personaggio unico.
E
l'isola che non c'è non si trova al di fuori, ma dentro di noi.