Il
calcio non è solo uno sport, ma è un grande affare, attorno ad esso
girano tanti soldi. È diventato una rappresentazione mondiale, la
sua platea non conosce confini. È un potente attrattore di massa. È
un rito sociale, capace di innescare un forte processo identitario.
Un religione laica, i tifosi sono fedeli sino all'estremo, si
consegnano intensamente a una passione sfrenata, sono disposti a tutto per difendere la
loro squadra e i suoi colori.
Ma
tutto cambia. E da rito collettivo sta per trasformarsi in uno
spettacolo individuale. Dal calcio sentimentale si passa a un calcio
di consumo. Non si vuole più il “curvaiolo”, ma uno spettatore
elegante e che sia disposto a spendere. E lo stadio non è più una
sorta di tempio, ma un centro commerciale. Tutto deve essere “brand”
e l'ultrà è considerato un intralcio, una pastoia di un passato
superato, un orpello falotico.
L'ultrà:
l'avanguardia del tifo, colui che non indietreggia e che vuole
guardare la partita in maniera eretta, verticale.
La
costruzione dei nuovi impianti questo prevede. Tutti seduti e
composti. Ma l'Uefa ha concesso il ritorno del calcio in piedi.
La
rivincita del passato? Così sembra. La misura era in vigore da un
paio di decenni. Ma l'Inghilterra, la Germania e l'Austria hanno
fatto una richiesta, vogliono il ripristino di una tradizione: ossia
l'opportunità che il pubblico possa assistere a un incontro di nuovo
in piedi.
Il
Borussia Dortmund ha dichiarato che intende adottare subitaneamente
il provvedimento.
L'Uefa
ha preso atto dell'istanza insistente di alcune federazioni. E ha
deciso, cercando di preservare la sicurezza, di valutare se la
misura, temporanea, abbia una validità o meno.
L'autorizzazione
concerne le prime cinque federazioni della classifica del massimo
organismo europeo.
Introdotta,
quindi, la possibilità di poter stare all'impiedi nella fase a
gironi e durante l'eliminazione diretta di Champions, Europa League e
Conference League. Sono escluse le finali.
Sosteneva
Camus che non ci fosse un luogo più felice per l'uomo come lo
stadio.
Il
tifo è una “malattia” perenne da cui non si vuole guarire, non
si accettano cure o regole. Ora si può stare nuovamente in piedi a
urlare: la sofferenza o la gioia.