Calcio
Il numero che non può essere indossato
È l'88, le formazioni della Serie A sono state invitate a non usarlo
Pubblicato il 03.08.2022 12:21
di Angelo Lungo
Il calcio del secondo millennio, per lunghi tratti, è stato conservativo. Una tradizione potente, che richiedeva di essere rispettata. Un rito che confermava, continuamente, se stesso. Una liturgia laica alimentata dal suo passato. Poi, come nella maggior parte delle vicende umane, tutto è cambiato. I costi sono esplosi. I club europei, alla ricerca di soldi, hanno rivolto lo sguardo verso gli Stati Uniti. E hanno scoperto il “merchandising”. E hanno realizzato che la “maglia” poteva essere un formidabile prodotto. Un tempo era intonsa, era il vessillo che rappresentava i colori, non poteva essere contaminata. I numeri andavano dall'uno all'undici e indicavano un preciso ruolo del calciatore sul terreno da gioco. L'eccezione era il Mondiale, dove la numerazione era estesa fino al 23. Ma a partire dalla stagione 1995-96 è stato consentito ai giocatori di scegliere il proprio numero di maglia, con relativa incisione del nome. Il numero della "camiseta" è divenuto caratterizzante e identificativo. Nessuna pretesa simbolica: trattasi di marketing.
Ma, da qualche giorno, si è avviata una discussione. Il sito del Governo italiano ha una pagina che parla di antisemitismo. Ha segnalato che c'è un numero che non dovrebbe vedersi più: è l'88, poiché è considerato una sorta di “abbrevazione” del saluto nazista Heil Hitler. La spiegazione è la seguente: lo utilizzano vari attivisti neo-nazisti, le due H corrispondono all'ottava lettera dell'alfabeto, è un'allusione in codice.
Le squadre di Serie A sono state quindi consigliate ad accantonarlo definitivamente. Tra chi dovrà cambiarlo c'è sicuramente il talentuoso centrocampista dell'Atalanta Mario Pasalic. Buffon lo ha impiegato per un periodo, come pure Marco Borriello, che quando si trasferì alla Roma fu invitato, dalla comunità ebraica, a scegliere un altro numero. Lo indossava anche il brasiliano Hernanes quando militava nell'Inter.
Il pericolo paventato è quello della propaganda che sconfinerebbe nell'illegalità, in quanto è una violazione dei codici etici delle squadre e dei valori morali sostenuti dallo sport.