Il
calcio del secondo millennio, per lunghi tratti, è stato
conservativo. Una tradizione potente, che richiedeva di essere
rispettata. Un rito che confermava, continuamente, se stesso. Una
liturgia laica alimentata dal suo passato. Poi, come nella maggior
parte delle vicende umane, tutto è cambiato. I costi sono esplosi. I
club europei, alla ricerca di soldi, hanno rivolto lo sguardo verso
gli Stati Uniti. E hanno scoperto il “merchandising”. E hanno
realizzato che la “maglia” poteva essere un formidabile prodotto.
Un tempo era intonsa, era il vessillo che rappresentava i colori, non
poteva essere contaminata. I numeri andavano dall'uno all'undici e
indicavano un preciso ruolo del calciatore sul terreno da gioco.
L'eccezione era il Mondiale, dove la numerazione era estesa fino al
23. Ma a partire dalla stagione 1995-96 è stato consentito ai
giocatori di scegliere il proprio numero di maglia, con relativa
incisione del nome. Il numero della "camiseta" è divenuto
caratterizzante e identificativo. Nessuna pretesa simbolica: trattasi
di marketing.
Ma,
da qualche giorno, si è avviata una discussione. Il sito del Governo
italiano ha una pagina che parla di antisemitismo. Ha segnalato che c'è un numero
che non dovrebbe vedersi più: è l'88, poiché
è considerato una sorta di “abbrevazione” del saluto nazista
Heil Hitler. La spiegazione è la seguente: lo utilizzano vari
attivisti neo-nazisti, le due H corrispondono all'ottava lettera
dell'alfabeto, è un'allusione in codice.
Le
squadre di Serie A sono state quindi consigliate ad accantonarlo definitivamente. Tra
chi dovrà cambiarlo c'è sicuramente il talentuoso centrocampista
dell'Atalanta Mario Pasalic. Buffon lo ha impiegato per un periodo,
come pure Marco Borriello, che quando si trasferì alla Roma fu
invitato, dalla comunità ebraica, a scegliere un altro numero. Lo
indossava anche il brasiliano Hernanes quando militava nell'Inter.
Il
pericolo paventato è quello della propaganda che sconfinerebbe
nell'illegalità, in quanto è una violazione dei codici etici delle
squadre e dei valori morali sostenuti dallo sport.