La processione delle statue di Maradona continua e sono
ormai numerose come i testoni dell’Isola di Pasqua, solo più brutte e meno
somiglianti a mano a mano che vengono sfornate. Del resto si può capire: imprigionare
il genio nell’immobilità di una riproduzione è impresa impossibile. Un genio
libertario come quello del Pibe, poi, non contempla statue: mas justicia, menos
monumentos.
Eppure, niente, gli artistoidi non deflettono e oplà,
partoriscono opere che sempre più spesso rasentano i lavoretti in plastilina
dell’asilo intanto che lui, Diego, riempie ancora gli immaginari del mondo con
il movimento, le parole e l’inventiva, altro che mummificazione e ricordo
morituro. Ma del resto, con il Pibe ancora funzionante in versione live, ne
avevano creata una di fronte al quale lo stesso soggetto rappresentatovi si
mise a ridere, forse per non piangere (andate a guardarla, sembra una specie di
Apollo).
Sui muri di Napoli vive e lotta insieme a noi grazie alle
opere spesso ignote di artisti che ne colgono l’anima, o l’essenza distillata
del mistero del suo calcio, perlomeno. Allo stadio, invece, ribattezzato col
suo nome, le statue sono ben due, in concorrenza tra loro a causa degli
appaltatori differenti ma altrettanto esibizionisti, con uno stile bronzeo che
è come una camicia di forza attorno al Genio, trattenuto in posa lui che in
posa non è mai.
Ne è nata anche un’altra, non so dove, vista solo su una
foto della Gazza e somigliante come una lumaca al leone. Neanche letto
l’articolo, per ribrezzo. C’è n’è una a Santiago del Estero alta cinque metri
che non è niente in confronto a quella di quindici a Dubai. La prossima
potrebbe toccare la luna con una mano e magari buttarla nella rete di un
Plutone uscito a vanvera. Anche nei presepi di Napoli fanno cose migliori, in
attesa del bronzo tridimensionale di Scampia (in che senso, scusate?), luogo
assai noto in campo culturale e neomelodico.
Comunque, tutti i monumentos presentano un Diego
inamovibile, con fattezze pesanti che mai avrebbero permesso non diciamo di
giocare una partita, ma nemmeno di operare uno stop. Forse lo fanno apposta per
insinuare dubbi quando il mondo crollerà e rimarranno qua e là le statue
misteriose e interrogative come i testoni dell’Isola di Pasqua.