Lo spirito del tempo
Insulto o gentilezza?
Ultimamente il mondo del pallone ha dato degli esempi discutibili
Pubblicato il 10.02.2021 14:48
di Angelo Lungo
Se consultate il prestigioso e autorevole dizionario Treccani, si spiega che insultare significa: “Recare volontariamente grave offesa a una persona e alla sua dignità con parole ingiuriose, con atti che tendono a umiliare o schernire, con un contegno intenzionalmente sprezzante e provocatorio”.
Esiste un piccolo trattato del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, che si intitola: “L’arte di insultare”. Schopenhauer parte dal presupposto che la nostra tecnica di argomentare può avere dei limiti, poiché l’avversario è più intelligente e più abile di noi, ma la partita non è conclusa, e consiglia: “Quando ci si accorge che l’avversario è superiore e si finirà per avere torto, si diventi offensivi, oltraggiosi, grossolani, cioè si passi dall’oggetto della contesa al contendente e si attacchi la sua persona. Questa regola è molto popolare poiché chiunque è in grado di metterla in pratica”.
Lo scrittore italiano Gianrico Carofiglio ha ribaltato il discorso, e in tempi dove prevale l’aggressività e l’offesa gratuita, ha pubblicato un libro dal titolo “Della gentilezza e del coraggio”.  L’ex magistrato sostiene che se il nostro interlocutore è oltraggioso, categorico, l’impulso è reagire con i medesimi toni, invece: “Possiamo applicare il principio di cedevolezza, per sbilanciare l’avversario. Gentilezza insieme a coraggio significa prendersi la responsabilità delle proprie azioni e del proprio essere nel mondo, accettare la responsabilità di essere umani”.
Il calcio italiano sa essere decisamente all’avanguardia, è capace di distinguersi e presentare in maniera esemplare la propria immagine.
Durante il derby di Coppa Italia, Milan-Inter, i due giocatori più rappresentavi, si sono, eufemisticamente, insultati, e la loro postura incitava a uno scontro oltre che verbale anche fisico. È stato spiegato, che si tratta di avere carisma, autorevolezza, e che addirittura esiste una tecnica ben precisa, chiamata “trash-talking”, in inglese funziona meglio, ed esprime una finezza di pensiero e strategia. Per cui non si vince contro un avversario perché si è più forti a livello di talento e di prestazione fisica, ma lo si provoca, per innervosirlo e poco male se lo si dileggia...
Come se non bastasse durante la partita di Coppa Italia, Juve-Inter, l’insulto ha oltrepassato il raptus agonistico. L’allenatore dei milanesi e i dirigenti dei torinesi, hanno riposto il fioretto dell’arguzia e hanno sfoderato la ferula del trivio.
Tralasciando i tifosi, che in simili situazioni senza se e senza ma non ammettono dubbi, e sono categorici nel difendere la loro fazione a prescindere, presso l’opinione pubblica e la stampa si mette in pratica il “giustificazionismo” puro, derubricando il tutto, e si paventa il rischio di incorrere nel deprecato moralismo.
Troppo potenti, poi, i protagonisti per essere sanzionati dalle istituzioni sportive, le stesse che conducono campagne di “sportività” indefessamente.
D’altra parte se il motto propinato è che: “Vincere non è importante, ma l’unica cosa che conta”, non ci si deve stupire oltremisura, di tali comportamenti.
Va bene, continuiamo così.